Giovanni Allevi è magia. Il concerto di sabato sera al Teatro Doglio, è come un convoglio di emozioni dove ciascun vagone è una fetta di vita, dell’artista ma comunque non molto differente da qulla di qualsiasi persona.
Sui vagoni, in questo caso tutti i brani compresi tra “Panic” e una versione rivisitata del “Te Deum H,146”, il viaggio si compie con la musica, in silenzio e a occhi chiusi.
Il capotreno non indossa la divisa d’ordinanza ma si presenta con una t-shirt abbinata ad un paio di pantaloni neri. Il look non ha alcuna importanza quando al centro del palco c’è un bel pianoforte nero.
Occorre comunque saperlo suonare e non c’è nessun problema se a farlo “respirare” è un certo Giovanni Allevi. Ancora meglio se è lui stesso con umiltà e autoironia, ad introdurre ciascuna canzone narrando la rispettiva fonte di ispirazione.
Il risultato è un concerto autobiografico dove le belle e le brutte esperienze, i vecchi ricordi e le nuove avventure si trasformano in brani da condividere con il sempre amato pubblico. Un frangente artistico in cui la musica respira poeticamente e riempie l’aria di energia.
E cosi, fra una canzone e l’altra, il viaggio arriva al termine verso una più che meritata standing ovation.