Sciopero Wind3, Randaccio (Slc-Cgil): “Attendiamo convocazione al Ministero”

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Lo sciopero dei lavoratori WindTre che stamattina, in concomitanza con iniziative simili in tutta Italia, si sono dati appuntamento sotto la sede dell’azienda in piazza Deffenu a Cagliari, è solo il primo passo verso una mobilitazione del settore Telecomunicazioni che sfocerà nello sciopero generale unitario proclamato dalle categorie il 6 giugno.
In Sardegna sarebbero trecento i posti di lavoro in bilico se si concretizzasse il progetto annunciato dall’azienda, che prevede di creare due società distinte, una per la rete e una per i servizi: “E’ un’operazione di cortissimo respiro”, ha detto Alessandro Randaccio della Slc Cgil sottolineando che “a farne le spese saranno le lavoratrici e i lavoratori oltre alla stessa qualità dei servizi”.

Il sindacato chiede la convocazione di un confronto al ministero delle imprese e del Made in Italy, “per discutere di WindTre – spiega Randaccio – ma anche della più generale crisi che coinvolge il settore delle Telecomunicazioni, in bilico tra gli effetti della concorrenza e la necessità di ingenti investimenti in un comparto importantissimo e strategico, per la Sardegna, per il Paese”.

Al presidio a Cagliari è intervenuto il segretario della Cgil Sardegna Fausto Durante in rappresentanza anche di Cisl e Uil regionali: “Separare la rete dai servizi, la rete dalle produzioni e da tutte le altre attività che fanno di un’azienda un unicum dal punto di vista competitivo – ha detto – è sbagliato dal punto industriale e risponde soltanto a una mera logica finanziaria”.


Per i sindacati quel progetto non deve compiersi, anche perché “quando è accaduto, e purtroppo ci sono già esempi in Italia e in Europa, ha portato a conseguenze negative per la qualità del servizio, per la stabilità dei posti di lavoro e per la stessa efficienza dei conti delle aziende: si tratta di operazioni a perdere di cui l’unico a beneficiarne è chi possiede le azioni”.

E ancora, Durante ha sottolineato che “nella società di oggi la disponibilità di connessioni, reti, tecnologie è un diritto di cittadinanza, una prerogativa civile e sociale che non può essere subordinata a mere logiche di profitto e di mercato”.

Il sindacato registra purtroppo il silenzio delle istituzioni regionali, oggi come un anno fa, quando nella stessa piazza si svolse la manifestazione Tim: “Sembra che il problema della filiera delle telecomunicazioni,  la digitalizzazione, e le sorti di trecento famiglie oggi e in prospettiva di migliaia di lavoratori, non rappresentino un problema per la Giunta regionale”. 

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