Il Castello di Sanluri scrigno di storia e cultura

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Suggestioni del passato tra mura possenti, documenti antichi ed opere d’arte.

La prima notizia che si ha del Castello di Sanluri risale al 1355, data nella quale secondo un documento dell’epoca, per volontà del Re Pietro IV D’Aragona detto il Cerimonioso – allora in guerra contro il Giudicato di Arborea di Mariano IV – viene realizzato, posto sulla sommità di un poggio tra le ondulate colline della Marmilla, il maniero nelle forme che oggi vediamo.

Il re d’Aragona ne affidò la costruzione a Berengario Roich: la struttura del castello è possente, a pianta quadrangolare con lati di 26 metri, quattro torri angolari provviste di merli e raccordate da mura alte 12 metri e spesse due.

Come fu eretto, così oggi si presenta agli occhi del visitatore; già questo è, sotto il profilo storico, elemento di straordinaria importanza se si pensa che dei circa 80 manieri di epoca medievale costruiti in Sardegna, questo è effettivamente l’unico giunto a noi nella sua interezza, praticamente intatto nei secoli e pure abitabile.

Il castello di Sanluri come la totalità di quelli sardi ha un’origine prettamente militare, costruito per soddisfare precise esigenze difensive nei secoli tormentati ed insicuri del Medioevo.

Posizionato strategicamente tra i giudicati di Cagliari e di Arborea e circondato da una ulteriore cinta muraria difensiva di 1550 metri di lunghezza comprendente al suo interno 16 ettari di territorio, nota come ‘Sa Muralla’ intorno al borgo, ha infatti svolto nei secoli la funzione di ‘sentinella del territorio’: dalla sua sommità è infatti perfettamente visibile il castello di Monreale a Sardara, quello di Acquafredda a Siliqua ed anche quello sul colle di San Michele a Cagliari; così che, era agevole poter vigilare sulla frontiera del Campidano, lungo l’arteria di comunicazione che da Cagliari conduceva al nord dell’isola fino a Torres.

In Sardegna, contrariamente ad altre regioni europee non si ebbe – se non in rari esempi quali quelli del castello di Villasor e di Cagliari – la trasformazione del castello in edificio residenziale, cosicchè tutti quelli edificati sul territorio isolano, vennero abbandonati una volta esaurita la loro funzione e lo scopo per i quali erano stati costruiti ed oggi sono ridotti a ruderi.

Questa regola trova invece la sua eccezione con il castello di Sanluri che ha la peculiarità rispetto agli altri dell’isola, di essere stato oltre che edificio militare, anche lussuosa residenza; per secoli il castello divenne infatti il luogo ove visse la nobiltà feudale iberica dell’epoca.

Il 30 giugno del 1409, il castello di Sanluri, divenne anche lo scenario di uno scontro violentissimo noto come ‘sa battalla’ fra le truppe catalano aragonesi, guidate dall’infante Martino il Giovane e le truppe arborensi, comandate da Guglielmo III di Narbona.

In questa battaglia, le truppe catalane conquistarono definitivamente la residenza fortificata e costrinsero il sovrano arborense alla ritirata nel vicino castello di Monreale; da questo momento, il castello perduta l’originaria funzione di presidio difensivo, cambiò destinazione d’uso venendo trasformato in residenza e utilizzato dalla nobiltà feudale.

Si attuò in tal modo il c.d. ‘incastellamento’, fenomeno per il quale all’interno di un insediamento fortificato da cinte murarie, vengono ricavati spazi ad uso civile e quotidiano che diventano dimora del signore locale, magazzini per derrate alimentari, strumenti di lavoro, armi ed anche abitazioni per il personale.

A quei tempi il feudatario viveva stabilmente nel castello, regolando la propria esistenza in base alle rigide regole d’organizzazione sociale ed economica che imponeva ai suoi sudditi, esercitando su di essi autorità civile, miltare e tributaria.

Infatti, il sistema di controllo e di governo del territorio, introdotto con la dominazione aragonese, del quale l’Isola subì il giogo fino alla sua estinzione per decreto sabaudo nel 1836, prevedeva un sistema gerarchico piramidale che si ricollegava ai pubblici ufficiali che possedevano una signoria (duchi, marchesi e conti), che a loro volta dipendevano dal sovrano.

Vigeva il sistema della imposizione tributaria e del vassallaggio a favore del feudatario: gli abitanti dei villaggi erano tenuti a pagare pesanti imposte che riguardavano tutte le attività produttive ed agricole del feudo, quelle della pastorizia e allevamento, come pure quelle della vendita del vino ed il diritto di macelleria: insomma tutte le attività, fossero esse produttive o di vendita erano tassate ed il tributo era richiesto in maniera inflessibile dal feudatario.

In questo modo la vita del castello di Sanluri si è legata strettamente a quella medievale della Sardegna, raccontata lungo cinque secoli attraverso le vicende delle famiglie feudatarie del periodo che l’hanno abitato: i De Sena che regnarono dal 1421 al 1478; i Castelvì che regnarono dal 1479 al 1769 e gli Aymerich dal 1769.

Nel 1920 il generale Nino Villa Santa acquistò il castello dagli Aymerich; in quel momento storico, l’intero edificio versava in condizioni deplorevoli: persi gli antichi fasti era abbandonato da lunghi anni, l’azione di vandali e delle intemperie l’avevano ridotto ad un rudere con i locali ridotti addirittura adibiti a ricovero per animali; una torre era crollata, le mura erano sbrecciate, le porte e le finestre mancavano del tutto, i soffitti cadenti.

I lavori di restauro ordinati dal nuovo proprietario iniziarono subito, tutti i locali furono dunque risanati, riattati e provvisti di una nuova pavimentazione.

In questo modo il maniero tornò a nuova vita facendo un balzo indietro di almeno tre secoli, tornando ai vecchi splendori di un tempo. Da quel momento il generale Nino Villa Santa fece del castello la propria dimora rendendone però una parte un vero e proprio museo.

Ancora oggi i proprietari del castello sono i conti Villa Santa che hanno ceduto la gestione dell’intera rocca all’amministrazione comunale di Sanluri che offre un servizio al pubblico di visite guidate valido e puntuale.

Il primo nucleo di museo nacque grazie alla profonda stima ed amicizia che legava il generale Nino Villa Santa ad Emanuele Filiberto di Savoia Duca d’Aosta (durante la Grande Guerra, il Generale Nino Villasanta fu anche segretario del Duca d’Aosta), il quale decise di trasferirvi i suoi preziosi cimeli risalenti alla prima guerra mondiale e quelli delle precedenti guerre d’Indipendenza, che teneva custoditi nella reggia di Capodimonte.

“Ho molto apprezzato l’idea di istituire in Sardegna un museo del Risorgimento che raccolga memorie ed oggetti atti a rammentare ai posteri quanto sia costata a nostri maggiori ed a noi l’unità e la grandezza della Patria” … con queste parole iniziava a lettera con cui il Duca d’Aosta comandante della terza armata del Regio esercito decise dunque di affidare al generale Villa Santa la raccolta di documenti, cimeli e armi oggi visibili nel museo, dedicata alla memoria dei tanti sardi caduti durante la prima guerra mondiale.

Un atto di generosità e riconoscenza che tuttavia mai sarebbe stato possibile se fosse mancato l’impegno, la sensibilità, il gusto del bello del generale Villa Santa, che era un uomo di vasta cultura nonchè appassionato collezionista.

Il castello è oggi ripartito in varie sezioni museali che raccolgono davvero un pozzo di meraviglie di straodinaria bellezza: al piano terra è ubicato il museo Risorgimentale Duca d’Aosta con armi, equipaggiamenti, divise, bandiere e innumerevoli documenti delle due guerre mondiali, delle campagne d’Africa e del fascismo: manifesti, materiale propagandistico (che era un arma in più per esaltare i soldati), cartoline e giornali quali ‘La Tradotta’, ‘La voce del Tagliamento’, ‘Sempre Avanti’ ed anche carte segrete in dotazione ai comandi con la mappa delle linee dei fronti e fotografie di zone di battaglia fatte sul Podgora, sul Sabotino, sulle trincee del Piave.

Sono presenti cimeli pregevoli e d’importanza nazionale quali l’enorme tricolore c.d. della ‘Vittoria’, che sventolò dalla torre di San Giusto il 3 novembre 1918 nella riconsegnata Trieste all’Italia ed il bollettino della Vittoria, originale sottoscritto dal Maresciallo d’Italia Armando Diaz.

Altra sezione è dedicata alla Collezione delle Cere, il museo delle Ceroplastiche: si tratta di una raccolta – la maggiore d’Europa – composta da più di trecento pezzi, alcuni rarissimi, con ritratti, sculture di ogni genere, realizzati in una cera particolare da artisti tra il ‘500 e l’ ‘800. Sono bozzetti di monumenti, cammei, medaglioni, tondi della Via Crucis e scene di vita quotidiana: tutti modelli in miniatura tridimensionali, eseguiti per mostrare ai vari committenti le proposte da realizzare poi in scala maggiore. Sono presenti opere dell’Ammannati, Susini, Zumbo, Giambologna, Piamontini, Mazzafirri.

L’ultima parte del museo è quella con le stanze della abitazione del castello, in cui sono presenti mobili di pregio, arredi, dipinti e sculture che spaziano dal Rinascimento al Risorgimento.

Di rilievo, oltre alle varie camere da letto con mobilio anche del ‘700, lo studio del conte Nino Villa Santa, in cui è conservato il suo prezioso epistolario con il principe di Montenevoso Gabriele d’Annunzio ed il salotto Napoleonico ove sono presenti diverse sciabole, documenti ed arredi appartenuti alla famiglia imperiale del Bonaparte.

Davvero un centro di cultura il Castello di Sanluri, per la preziosa rassegna di documenti e collezioni contenute al suo interno, unito all’innegabile fascino di storia che sprigiona dalle stesse antiche mura.

APZ

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