“L’Italia migliora”, “non siamo più il fanalino di coda” dell’Europa? Per favore non scherziamo. Altro che ripresa, siamo messi davvero male. I “risultati” vantati da Gentiloni e Padoan sono dati farlocchi. L’1,8% di crescita
enfatizzato dai grandi media (ancorché al di sotto della media europea del 2,5%) è un dato precario, nonché drogato da fattori esterni all’Italia. Fattori irripetibili. Ne consegue che, se il prossimo governo non riuscirà a imprimere un svolta vera nella politica economica (al netto della fallimentare eredità lasciata dai tre governi di centrosinistra di questa morente XVII Legislatura), arriveranno presto tremende mazzate sulla testa degli italiani. Il perfido Katainen e tutti gli antitaliani annidati nella Commissione europea nonché nell’Eurogruppo ci attendono al varco. Per la fine della prossima settimana, Palazzo Chigi attende una letterina da Bruxelles. Ma sarà solo l’ennesimo avvertimento. La partita vera s’inizierà dal maggio del 2018, quando cominceranno a venire in scadenza le cambiali firmate, in successione, da Letta, Renzi e Gentiloni.
Come siamo realmente messi
Per capire come siamo realmente messi occorre partire dalla considerazione che l’Italia è riuscita a rimanere a galla in questi ultimi anni solo grazie alla politica monetaria della Bce, quel Quantitative easing, imposto da Mario Draghi ai riluttanti banchieri tedeschi, che ha immesso liquidità nel sistema abbattendo i tassi d’interesse e consentendo il finanziamento della spesa pubblica a un costo contenuto. Questo periodo di grazia (che però sta per finire) è stato malamente sprecato da Renzi prima e da Gentiloni poi, i quali non sono stati capaci di alcun intervento strutturale per il miglioramento dell’“Azienda Italia”. Tant’è che i fondamentali della nostra economia e del sistema-Paese (dalla produttività delle aziende all’efficienza della Pubblica amministrazione) non sono migliorati di una virgola.
Dati sconvolgenti
Il fatto con cui fare i conti è semplice e amaro: senza la liquidità garantita dalla Bce staremmo molto, ma molto, peggio. Ed è da questo punto che dobbiamo partire per scorgere la dimensione del disastro, per ora, sventato, ma purtroppo sempre incombente. Il centro studi “Economia Reale” diretto da Mario Baldassarri ha realizzato una simulazione nel suo XI Rapporto facendo conti seri. Ne sono venuti fuori dati da brivido. Che ne sarebbe attualmente dell’economia italiana in assenza di Qe? Il rapporto debito-Pil, oggi intorno al 130%, sarebbe allo stratosferico livello 157,3 e tenderebbe a superare il 177 nel giro di tre anni (livelli greci). Quanto invece al rapporto tra deficit e Pil, saremmo al 6,6% invece che al 2,3. E la crescita? Sarebbe rimasta sotto zero fino a tutto il 2017, per raggiungere uno striminzito +0,5 solo nel 2018. La disoccupazione sarebbe al 14,1 invece che all’11,4.
Il rischio del commissariamento dell’Italia
Saremmo insomma a un passo dal commissariamento dell’Italia da parte della Troika (Fmi, Bce, Commissione europea). Il rischio si potrà concretizzare quando finirà il Quantitative easing e quando Mario Draghi lascerà a qualcun altro la sua poltrona all’Eurotower. Che rimarrà di questi anni ? Rimarranno le chiacchiere di Renzi e le sue mancette propagandistiche. Rimarranno, soprattutto, la rabbia e il rammarico per aver gettato al vento una straordinaria occasione per rimetterci in sesto. Speriamo solo di non scorgere un giorno gli omini del Fmi paracadutati sulle istituzioni economiche della Repubblica.
Articolo di Aldo Di Lello