Vaccini. Trentamila bambini non sarebbero in regola alla scadenza indicata dalla legge,10 marzo, che ha reintrodotto l’obbligo vaccinale a scuola, per le famiglie che non avessero ancora completato la profilassi. Pena, l’esclusione – almeno teorica – da asili nido e materne per i bambini fino a sei anni, e la previsione di multe da 100 a 500 euro per gli iscritti alla scuola dell’obbligo. Ma il condizionale è d’obbligo: oggi, precisano proprio dalla Società italiana d’Igiene (Siti) che ha azzardato la stima, nessuno ha i dati definitivi perché è in corso la procedura di recupero e la norma consente le prenotazioni dilazionate, visto anche il sovrafflusso alle Asl.
Le stime della Siti, spiega il past president della società scientifica, Carlo Signorelli, «si sono basate su due indicazioni: la prima è la quota di no-vax della popolazione che è lo 0,7%, circa 3.500 bambini l’anno che appartengono a famiglie che hanno fatto opposizione alla legge; la seconda stima, che include i “no-vax”, è una proiezione della valutazione ministeriale secondo cui nei primi sei mesi c’era stato un 30% di recuperi di bambini che non erano stati vaccinati e che, oggi nei secondi sei mesi, mantenga un tasso di costante. Se fosse così arriveremmo a 30mila, nelle coorti 2001-2015, cioè fino ai sette anni. Ci sarebbero circa 20mila no-vax e altri 10mila che non hanno recuperato ma che potrebbero aver già prenotato le visite».
Come riporta il Sole24Ore, accanto allo 0,7% che è contro in maniera quasi ideologica, c’è poi un 15% che si dimentica, è distratto o semplicemente ha mancato un richiamo. È per questo che alla riapertura della scuola, lunedì, le Regioni e i Comuni difficilmente potranno tenere “fuori” i bambini. Basti soltanto pensare che in alcuni servizi vaccinali l’affollarsi delle prenotazioni ha allungato la lista degli appuntamenti fino a luglio inoltrato, o che semplicemente le anagrafi vaccinali in molti casi hanno bisogno di essere “pulite” dai casi di iscritti che si siano trasferiti o che siano ad esempio andati all’estero.
Se la stima degli “irregolari” può essere fatta solo a spanne, maggiore certezza arriva invece dai dati sulle coperture dell’anno scorso e dalle statistiche regionali sulle coperture: nel 2017 per l’esavalente si è arrivati vicino al 96% e attorno al 93% per il morbillo per le nuove coorti. La legge avrebbe funzionato, insomma. Il morbillo è a circa +6% e l’esavalente è arrivato a quota +2,5%. Questa stima riguarda metà delle Regioni italiane che hanno già pubblicato i dati, relativi a 30milioni di persone. Un 50% del campione che dà il polso di una legge “funzionante”. L’obbligo insomma ha portato a un innalzamento immediato dei dati, che soprattutto per il morbillo erano scesi a un livello non considerato accettabile. Lo spiega Gianni Rezza, a capo della Prevenzione dell’Istituto superiore di Sanità: «La copertura per il morbillo era scesa dal 90% all’85% nel 2015.
L’epidemia di morbillo dell’anno scorso è stato il detonatore della legge, tanto che anche Bruxelles ci indica come “pecora nera” d’Europa, insieme alla Romania. Se si pensa che l’Oms aveva stabilito l’eliminazione del morbillo dall’Europa per il 2015, si capisce quanto siamo lontani. Nel 2017 in Italia i 5mila casi e i quattro morti hanno suonato un deciso campanello d’allarme». La legge starebbe funzionando, insomma. Anche se, come sottolinea lo stesso Rezza, l’«auspicio sarebbe un altro: poiché i vaccini sono un diritto e non un dovere, sarebbe stato importante non dover imporre per legge queste percentuali, che mettono in sicurezza la salute pubblica».