Oltre 60 km di spettacolo della natura nel sud-ovest della Sardegna, da Portoscuso alle dune sabbiose del litorale di Piscinas.
Un Cammino tra il mare e l’entroterra su e giù per scogliere, paesaggi selvaggi e maestosi sistemi dunali tra i più estesi ed integri del Mediterraneo con tanta, tanta sabbia dorata, bellissima, impalpabile e soffice tanto da affondare ad ogni passo; e poi ancora falesie e strapiombi con passaggi non consigliati ai deboli di cuore e la vista di testimonianze minerarie tra le più importanti in Europa.
Lino Cianciotto – guida ambientale di trentennale esperienza, fluminense di nascita e conoscitore come pochi del territorio del sulcis-iglesiente nonchè autore di varie guide turistiche – responsabile del progetto in collaborazione con Pierpaolo Putzolu, era stato come suo solito, perentorio ed al contempo convincente: non sarà una gara, ma un cammino di emozioni che vivremo tutto d’un fiato, un viaggio esperienziale lungo le coste del sud-ovest Sardegna nei territori minerari ricchi di storia e densi di bellezza naturalistica che ci farà rimanere a bocca aperta.
Ed è finita davvero così, le promesse sono state mantenute tutte: la terza edizione iniziata alle 7 di sabato, dal campo base dell’Hotel Lido degli Spagnoli di Portoscuso, si è conclusa con successo ed una grande soddisfazione per tutti i trenta partecipanti.
Ieri alle 10,30 il “finish” nella spiaggia di Scivu sulla costa di Arbus, con lo sconto dell’ultima tappa – che sarebbe arrivata a Piscinas – non voluto, ma necessario per le proibitive condizioni meteo: il vento a 40 nodi ed il mare forza 7 – che nel giro di poche ore era montato e continuava ad aumentare – si era mangiato troppa spiaggia e scogliera negando la percorribilità in condizioni di sicurezza ai partecipanti.
Penso che l’aggettivo “esperenziale”, sia un po’ il concetto-aggettivo da cui muovere per riuscire a raccontare con brevi cenni, in un mix di cronaca-racconto-storia, quello che hanno provato i partecipanti, me compreso: percezioni decisamente un po’ “ultra” rispetto agli standard – cui anche noi sportivi ed agonisti siamo abituati – emozioni forti, con l’inevitabile e magico rilascio di endorfine che solo chi pratica sport in maniera continuativa ed intensa può comprendere.
Percorrere sessanta chilometri in un giorno, nostop, notte compresa e niente sonno, non è certamente uno scherzo per nessuno: è però un “cancello mentale” che Chiara, Sergio, Francesca, Enrica, Luigia, Melania, Francesca, Alberto, Haldo, Paolino, Alessandra, Checco, Giulia, Claudia e Linno hanno trovato la forza di superare; i nomi sono reali e volutamente rappresentativi dell’intero gruppo di partecipanti che sono arrivati poi, tutti felicemente al traguardo.
Cito in particolare il primo ed ultimo nome della lista: Chiara di 11 anni, la più giovane del gruppo, che ha mostrato una capacità e una resistenza portentosa e Linno partecipante atipico e particolare (e per lui, la sua mamma umana Melania), cagnolino di piccola taglia abituato a lunghe escursioni e già premiato in gare dedicate, hanno avuto la meglio, come il resto della carovana, sulla stanchezza, sullo scoramento dovuto alle difficoltà e lunghezza del percorso: perchè non si trattava solo di distanza da coprire, ma sopratutto di un ambiente impegnativo da percorrere fatto di salite, discese, dislivelli continui, sabbia, pietre di ogni tipo e dimensioni, appuntite, apparentemente compatte ma sdrucciolevoli; e poi ci sono le cadute, le scivolate, i dolori, i crampi ai muscoli, le vesciche (comunemente definite “bolle”) ai piedi e tutto quel bagaglio di imprevisti e conseguenze che il fisico trasmette inevitabilmente in perfomances intense di così lunga durata.
E poi ancora vanno raccontate le espressioni ed impressioni dei visi: all’inizio solo sorrisi per il divertimento delle battute, le chiacchiere, le risate e poi con il passare delle ore ed il sopraggiungere delle prime difficoltà, tutti sempre più tirati e seri per la stanchezza; e le testimonianze sottovoce, non ce la faccio, non ci riesco, non sto in piedi, poi puntualmente ritrattate con un vabbè vado avanti, ci voglio provare, ci devo riuscire.
Capitolo a parte il sonno, che è fisiologica esigenza cui non si è generalmente abituati a sottrarsi e che scandisce i ritmi naturali delle giornate: dei micro sonni, avevo sentito e letto abbastanza con curiosità ed interesse ed oggi posso testimoniare per averne usufruito in questo cammino, che funzionano ed anche molto: al comando del “Capo Branco”, ragazzi sosta di 10 minuti, tutti in un batter d’occhio, trovata la miglior postazione e con lo zaino per cuscino, si concedevano 9 minuti effettivi di sonno totale super riposante.
E poi come non narrare dell’intenso fascino del buio e della notte, senza dubbio il momento più difficile, nel nostro caso anche con l’incognita di un vento sempre più in rinforzo: camminare per nove ore nella oscurità più totale, senza luna in un ambiente mai visto, alla luce fioca delle torce, è qualcosa di emozionante che ridesta sensi sconosciuti o al più sopiti: per procedere, ci vuole attenzione alta, concentrazione continua, sguardo a terra ed impegno per stare in piedi.
Ma la notte, oltre alle difficoltà, ha riservato anche visioni d’incanto: arrivare a Buggerru provenienti da Cala Domestica dopo un tragitto di 2 ore e mezza, attraverso un interminabile l’altopiano, scorgendo all’improvviso il paese illuminato come un presepio, è stato per gli escursionisti veramente una immagine di una meraviglia indimenticabile; e dopo la lunga discesa per la pietraia, giungere al centro abitato e trovare la sorpresa del Municipio aperto con la rappresentanza del Comune che ha accolto tutti con un rinfresco di qualità, una sorpresa – debbo sottolineare – ancora maggiore.
Tanto altro ci sarebbe da dire, che racconta di emozioni e di accoglienza, ma è d’obbligo concludere riferendo che la perfetta riuscita dell’evento non sarebbe stata possibile, senza l’impareggiabile supporto tecnico-logistico del gruppo Assoraider, capitanato da Haldo e tutti i suoi ragazzi che volutamente ho inserito – all’interno dei nomi sopracitati – come effettivi partecipanti al cammino; anche loro, con l’impegno ed il lavoro di assistenza logistica, densa di attenzioni e di supporto anche alimentare, hanno fattivamente condiviso chilometro dopo chilometro questo percorso esperenziale che oggi, a distanza di 24 ore dalla sua conclusione e recuperata la devastante stanchezza, mi sento di consigliare: tutti – volendolo fare – possiamo trasformare i nostri limiti in sfide vincenti con noi stessi.
Alberto Porcu Zanda