La Sardegna si ribella al colonialismo Nato

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Trident Juncture, la più grande esercitazione militare della Nato dai tempi della guerra fredda che si svolge in questi giorni nel Mediterraneo, sta animando il dibattito pacifista in Sardegna, terra tra le più militarizzate in Europa, in cui sono presenti il 61% delle servitù militari italiane (il restante 39% è ripartito fra il Friuli Venezia Giulia, con il 31%, e altre zone del bel paese).L’attenzione è talmente alta che alcuni gruppi parlamentari, politicamente divergenti tra loro, si sono straordinariamente uniti richiedendo l’intervento al Senato del ministro della Difesa, Roberta Pinotti, al fine di riferire sulla situazione e sugli effetti di Trident Juncture sul territorio, sulla popolazione e sull’economia. In una nota congiunta, i senatori sardi Luciano Uras (Sel), Emilio Floris (Forza Italia) e Silvio Lai (Pd) ben comprendono “il valore politico di quanto sta accadendo in ragione delle tensioni che insistono sul Mediterraneo, la tragedia Siriana, il dilagare dell’Isis, il coinvolgimento diretto della Russia nelle attività militari di contrasto al Califfato” ma, aggiungono, “la Sardegna non può pagare un prezzo così alto per la difesa della comunità internazionale ed essere trascurata dallo Stato. Vogliamo sapere dal governo a che punto sia l’attuazione dell’articolo 14 dello Statuto Speciale e lo stato delle procedure di successione della Regione nella proprietà di ogni bene immobile dismesso dall’originaria finalità istituzionale e di difesa militare; vogliamo sapere quali siano gli interventi programmati di bonifica ambientale dei territori compromessi”. Infine i parlamentari sardi chiedono al governo di definire in termini finanziari “gli obblighi iniqui sopportati dalla Sardegna in relazione ai doveri di difesa della nazione”.

In queste ore i tre senatori stanno incontrando a Roma il capo delegazione dei parlamentari italiani alla Nato, Andrea Manciulli.

“Prospetteremo l’esigenza di una migliore e più qualificata informazione sulla presenza delle esercitazioni in Sardegna — spiega Luciano Uras in una conferenza stampa svoltosi stamani — e soprattutto vorremmo capire qual è l’impatto dal punto di vista ambientale ed economico”.

Dal consiglio regionale sardo si alza invece la voce dei consiglieri di Sel con una mozione che esprime “la totale contrarietà alle operazioni militari e una politica concreta di dismissione delle aree sottoposte a servitù”.

“Basta Trident-Gherra e morti — W pace amore e vita” è il cartello con cui i consiglieri illustrano la mozione, sottoscritta anche dal gruppo di Sdl, che, attraverso il capogruppo Roberto Desini, annuncia la proposta di “un referendum sulla demilitarizzazione del territorio, che trovi anche una soluzione per il pagamento degli indennizzi arretrati (comunque inadeguati rispetto ai costi sostenuti dal territorio) a favore delle comunità locali, in assenza di una convenzione scritta che regoli i rapporti fra Stato e Regione, che la Sardegna non ha firmato e lo Stato interpreta nel senso che sul territorio sardo può fare quello che vuole”.

In Trident Juncture sono coinvolti anche sette paesi partner della Nato, Finlandia, Svezia e Ucraina, Austria, Bosnia-Erzegovina, Macedonia e Australia, oltre a dodici grandi organizzazioni internazionali, fra cui rappresentanti dell’Unione europea, dell’Unione africana e dell’Osce, ma anche agenzie umanitarie e organizzazioni non governative.

Fonte: www.sardegnareporter.it

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