Lampedusa: è il momento straziante del riconoscimento dei cadaveri

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Lo racconta lo psicologo Dario Terenzi di Medici senza Frontiere (MSF), che assieme a un mediatore interculturale ha fornito in questi ultimi giorni, supporto psicologico a 13 superstiti dell’ultimo naufragio di Lampedusa per il riconoscimento dei cadaveri raccolti in mare.

E’ stato un lavoro duro, ma niente a paragone dell’angoscia, del trauma e dello strazio che hanno sopportato le 6 donne della Costa d’Avorio ed i 7 uomini della Tunisia, nel riconoscimento dei cadaveri.

La fase del riconoscimento dei corpi, durata circa 3 ore, è stato un momento di dolore e angoscia – spiega Terenzi – Tutti erano tesissimi e alcuni tremavano al terrore di rivedere i corpi dei compagni di viaggio. Ho sentito le loro vibrazioni, gli attimi prima in cui avrebbero visto le foto che ritraevano ciò che resta dei loro familiari o amici. I corpi dei naufraghi sono straziati. Una ragazza ci ha chiesto perché alcuni fossero diventati bianchi. L’acqua marina ha corroso i corpi fino a trasformare il colore della pelle. Il mare li ha trasformati a tal punto da stravolgere le fattezze dei volti. E così il riconoscimento è avvenuto tramite un capo di abbigliamento o un segno particolare”.

Una ragazza ivoriana, ricorda ancora lo psicologo Terenzi, ha dovuto riconoscere il compagno perso in mare soltanto dalla felpa che indossava quel giorno: era terrorizzata ed è crollata un attimo dopo sciogliendosi e scomparendo dentro un lungo pianto di straziante dolore e disperazione. L’abbiamo assistita e poi accompagnata nella sua camera dove lentamente, anche grazie all’aiuto insostituibile delle sue compagne di viaggio, si è ripresa.

Ma il supporto psicologico non si è limitato al solo momento del risconoscimento penoso dei corpi, continuando nei giorni a seguire ed oggi: “Tutti i nostri pazienti hanno raggiunto un livello appena sufficiente di tranquillità, non certo di serenità. Quando li abbiamo incontrati il primo giorno avevano lo sguardo fisso, erano rigidi, alcuni non parlavano affatto. Ancora oggi molti di loro hanno incubi, difficoltà ad addormentarsi, paura a rimanere soli, c’è chi non dorme da giorni, non hanno fame, e hanno raccontato di essere sopraffatti da immagini e pensieri intrusivi, rivedono e rivivono in continuazione le immagini del naufragio”.

Ora l’esigenza è che queste persone siano trasferite da Lampedusa. MSF ha chiesto alle autorità competenti che le due comunità, le 6 donne ivoriane e i 7 uomini tunisini, non vengano divise e che i due gruppi vengano lasciati uniti e trasferiti negli stessi centri di accoglienza. Non separarli è un piccolo, ma utilissimo, fattore di protezione che abbiamo visto in passato aiutare significativamente i superstiti. Il naufragio è qualcosa che ti lega a vita. La Prefettura ha accolto la nostra richiesta e non è escluso che continueremo a seguire queste persone nell’immediato futuro.

Alberto Porcu Zanda

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