Medici Senza Frontiere lancia il rapporto ‘Non c’è tempo da perdere’ che fotografa la situazione in 15 paesi di Africa e Asia nella lotta alla malattia.
Lo studio di MSF evidenzia come l’impegno dei governi ad adeguare le proprie politiche nazionali alle linee guida sull’HIV avanzato dell’OMS è stato molto lento, conseguentemente sono ancora più indietro l’implementazione di queste misure e i relativi finanziamenti.
Accade perciò che solo nel 2018, circa 770.000 persone, di cui 100.000 bambini, sono morte di Aids perché molti paesi sono ancora impreparati a diagnosticare e curare le persone che soffrono delle conseguenze avanzate dell’HIV.
MSF chiede ai paesi che registrano un alto livello di infezione e ai paesi donatori di mettere in atto urgentemente i protocolli raccomandati per prevenire, diagnosticare e curare l’HIV avanzato e l’AIDS a livello comunitario perché la diagnosi precoce può salvare molte vite.
“Non metteremo fine alle conseguenze devastanti dell’HIV scavando più tombe, ma facendo tutto il possibile per mantenere le persone sane, indipendentemente da dove vivano e da quali siano le loro condizioni di vita. Devono essere supportati a livello psicologico e sanitario il più vicino possibile al luogo in cui vivono” dichiara il dr. Ruggero Giuliani, vicepresidente di MSF e infettivologo.
Il rapporto ‘Non c’è tempo da perdere’ affronta la situazione in 15 paesi in Africa e Asia, analizzando le politiche sanitarie, le relative implementazioni e i finanziamenti stanziati per combattere l’HIV avanzato che nel 2018 ha ucciso 770.000 persone, di cui 100.000 bambini, in tutto il mondo.
Nonostante l’OMS abbia stabilito delle linee guida sull’HIV avanzato sin dal 2017, l’impegno dei governi ad adeguare le proprie politiche nazionali è stato molto lento, conseguentemente l’implementazione di queste misure e i relativi finanziamenti risultano ancora più indietro.
Le linee guida dell’OMS raccomandano l’utilizzo di test rapidi di facile impiego per valutare lo stato del sistema immunitario dei pazienti (test per il conteggio delle cellule CD4) e diagnosticare le infezioni opportunistiche più comuni e letali causate dall’AIDS, come la tubercolosi (TB-lam test delle urine) e la meningite pneumococcica (CrAg test).
Questi test possono dare risultati nel giro di poche ore e questo fattore, congiuntamente alla prossimità ed al monitoraggio dei pazienti, consente di intervenire rapidamente, guadagnando giorni che fanno la differenza tra la vita e la morte delle persone. Inoltre, MSF ha riscontrato che i test rapidi non sono quasi mai reperibili a livello comunitario, nonostante la diagnosi precoce possa salvare molte vite.
“L’obiettivo di contenere i decessi per AIDS al di sotto di 500.000 persone entro il 2020 non sarà raggiunto senza un’azione decisiva per migliorare l’adesione alla terapia e contro le interruzioni del trattamento che determinano un’alta mortalità – dichiara il dr. Ruggero Giuliani, vicepresidente di MSF e infettivologo – In passato abbiamo visto che i pazienti gravemente malati erano quelli inconsapevoli di essere sieropositivi. Oggi vediamo un numero sempre maggiore di persone che è stato trattato in un primo momento ma che ha successivamente interrotto la cura, ammalandosi in maniera grave e altri per cui la cura non è più efficace”.
Più dei due terzi dei pazienti con HIV avanzato curati nell’ospedale di Nsaje in Malawi – supportato da MSF – sono arrivati già gravemente malati e avevano precedentemente iniziato la terapia antiretrovirale interrompendola.
Nell’ospedale di MSF a Kinshasa, in Repubblica Democratica del Congo, questo dato raggiunge il 71%. Di questi pazienti più di uno su quattro morirà perché la malattia era a uno stadio troppo avanzato al momento del loro arrivo in ospedale. Tutte queste morti si potevano evitare. Da quando MSF ha reso disponibili i test rapidi nei centri di salute del distretto di Nsanje, il numero dei morti in ospedale è diminuito, passando dal 27% al 15%.
Alberto Porcu Zanda