Oggi 8 Marzo 2020 è la festa della donna, negli anni passati ogni volta scrivevo il perché e il percome. Ai tempi del Coronavirus non ho voglia, la mente è occupata da questo COVID-19. Non fa piacere sapere che la Lombardia è blindata, che le scuole sono chiuse, che dobbiamo lavarci le mani come mai avevamo fatto prima. L’allarme è scattato, cerchiamo di avere rispetto e pensiamo, non ha noi stessi, che non abbiamo patologie, ma a chi le ha e quindi è a rischio. Dobbiamo essere tutti un po’ più responsabili in questo periodo, senza chiuderci in un bunker antiatomico ma semplicemente seguendo le indicazioni che già abbiamo sia per l’igiene che per le relazioni sociali significa dare a mio parere il miglior aiuto che possiamo dare a noi stessi, agli altri e a tutto il personale medico impegnato in questo periodo di emergenza.
Data la situazione, ho deciso di scrivere esempi di solidarietà al femminile ai tempi del COVID-19. Il primo è un episodio riportato dal Corriere.it.
Quattro ragazze pronte a fare la spesa per gli anziani di un condominio.
«Se in questo periodo preferite rimanere a casa, le ragazze del quarto piano offrono disponibilità a fare la spesa per voi». E a scanso di equivoci precisano «a titolo gratuito». L’avviso è comparso a Torino nell’androne di un palazzo in via San Donato, rivolto ai condomini con più di 70 anni o con patologie. «Se vi fa piacere ricevere questo aiuto, inserite qui sotto il vostro cognome», hanno scritto le ragazze. A notarlo, la nipote di una signora anziana che abita in quella casa.«Un bel messaggio solidale nel palazzo di mia nonna – ha commentato su Facebook, postando la fotografia dell’avviso – Brave ragazze del 4° piano». Un avviso simile era comparso qualche giorno fa in un condominio di Roma, ripreso da una rivista online. Forse è stato fonte d’ispirazione per le ragazze torinesi. «È un bellissimo segnale, per questo l’ho condiviso», spiega l’autrice del post. Un gesto che potrebbe essere «contagioso» in senso buono, già molto condiviso per lo meno sui social.
L’Unionesarda.it riporta l’appello di Alessandra Napoleone, cagliaritana, medico anestesista ora in pensione e per anni primario della Rianimazione dell’ospedale Brotzu, che è stata anche in Africa con Emergency durante l’epidemia di Ebola. Il medico anestesista è pronta a tornare in campo. “Io spero che non sia necessario ma se dovessi essere richiamata, come sono andata in Africa durante l’epidemia di Ebola, di certo non potrei dire di no alla mia Sardegna”.
“I cittadini devono capire che questa malattia – afferma – è insidiosa perché può colpire le vie respiratorie e quindi necessitare di una ventilazione meccanica che si può fare solo nelle Rianimazioni dove bisogna considerare che arrivano anche i traumatizzati cranici o le vittime di incidenti stradali e bisogna prendersi cura anche di loro”. Insomma, in caso di diffusione senza controllo non ci sarebbero posti sufficienti e “inoltre anche gli anestesisti rianimatori sono pochi e questo può rappresentare un altro problema”.
Stefania Cossu