La Sardegna è terra antica, che conserva ancora semi-intatti esempi d’arte non solo preistorica ma d’epoca anche medioevale, periodo nel quale fiorisce e si sviluppa una cultura che trova nelle strutture architettoniche ecclesiali mirabili esempi.
La Sardegna, dall’anno 1000 in poi subisce notevoli influssi continentali dovuti ai traffici mercantili ed alle mire espansionistiche delle repubbliche marinare, oltre che all’installarsi sul territorio, di un gran numero di monaci missionari di vari ordini.
Per conseguenza, grazie anche alle maestranza d’importazione, pure l’architettura costruttiva isolana risente ed assorbe influenze esterne di provenienza lombarda, provenzale e toscana: pian piano lo stile romanico si sviluppa, prima nei castelli dei Signori, per estendersi poi alle chiese.
Ecco perchè, insieme ai resti della primitiva civiltà megalitica dei nuraghi, allo stesso modo l’isola è disseminata di un gran numero di chiese medioevali per la maggior parte piccole, a volte isolate in aperta campagna, altre volte di aspetto maestoso, sia per grandezza ma anche per la ricchezza delle soluzioni architettoniche e decorative che in alcuni casi risultano essere dei veri capolavori.
Un vero gioiello costruttivo, ispirato al più puro stile romanico è la chiesa di Santa Maria del Regno di Ardara; è una delle pochissime chiese di epoca medioevale dell’isola che è rimasta integra, senza aver subito rimaneggiamenti posteriori.
Nota anche con il nome di Nostra Signora del Regno, la chiesa sorge su un poggio, all’ingresso del piccolo abitato di Ardara, arrampicato sulle pendici del Montesanto.
La chiesa che è ubicata nel nord Sardegna, nell’antica regione del Logudoro, è sorta come cappella palatina, costruita vicino al castello di Ardara: ambedue i manufatti furono eretti nell’XI secolo per volontà di Giorgia, sorella di Gonnario Comita, giudice di Torres e Arborea.
Santa Maria di Ardara si distingue per la grandiosità delle sue forme e per il colore nero del basalto, che è il materiale con cui è edificata: per questo è detta anche il Duomo Nero di Ardara.
Venne consacrata nel 1107, ed in essa prestarono giuramento e trovarono sepoltura diversi giudici turritani; in questa chiesa si sposarono Enzo e Adelasia, eredi dei Giudicati di Torres e Gallura.
Di Santa Maria del Regno e del suo ruolo di cappella palatina, si trova citazione nel Libellus Judicum Turritanorum, documento in volgare logudorese redatto nel XIII secolo.
L’edificio è costruito in stile romanico-pisano con la facciata orientata a sud che è divisa in tre settori di differente altezza, corrispondenti alle navate interne; l’abside è di forma semi circolare. Sul lato sinistro si trova il campanile di forma quadrangolare.
La chiesa è pregevolissima anche per l’architetura interna a schema basilicale con asse longitudinale.
Le tre navate sono separate tra di loro ognuna da una fila di otto colonne, realizzate in trachite nera e sormontate da capitelli di ordine dorico e corinzio. La navata principale è coperta con capriate lignee e quelle laterali con volta a crociera.
All’interno della chiesa contiene diverse opere d’arte: le colonne affrescate nel 1600 da raffigurazioni di Apostoli e Dottori della Chiesa, ma sopratutto due retabli, il più grande dei quali di un acceso color oro, che da luminosità alla chiesa di per sè scura ed austera.
Il grande retablo racchiude nella sua interezza, la storia della salvezza dell’uomo, con immagini dei profeti, dei patriarchi, dei santi e della Beata Vergine Maria.
Il complesso pittorico riporta, nella predella l’iscrizione dell’anno 1515, oltre al nome di Giovanni Muru che eseguì quest’ultima ed a quello di Joan Cataholo, che commissionò tutta l’opera.
Il retablo minore, ugualmente pregevole, ripercorre le tematiche di quello maggiore, completandolo con la narrazione della Passione di Cristo.
Alberto Porcu Zanda