“Dante fondò un partito tutto per sé, il partito di Dante, il PD, ma non vinse mai”. Ironizza, strappa applausi, Roberto Benigni, ospite d’onore a
Siena nell’aula magna dell’Università per stranieri, durante la lettura dei brani della “Divina Commedia” in occasione del XXIII convegno che riunisce oltre trecento studiosi dell’Associazione internazionale dei professori di italiano per stranieri. Benigni se la prende con tutti i politici, senza fare nome, con i “sbruffoni del potere”, ma nel mirino del comico toscano c’è il partito che fino a due anni fa, prima del crollo del suo corregionale Renzi, considerava così utile al Paese al punto da arrivare a modificare uno dei suoi dettami, “La Costituzione non si tocca”.
Stavolta, a Siena, quello stesso Pd viene sbeffeggiato come un partito che perde sempre, l’ennesima giravolta del toscanaccio che con l’ex premier Renzi condivise perfino un viaggio alla corte di Obama, come eccellenza culturale dell’Italia, guitto e giullare pronto, all’epoca, a sostenere la più importante e fallimentare delle battaglie renziane, quella sul referendum costituzionale, su cui Benigni chiese agli italiani di votare sì. “I Costituenti si sono preoccupati di disegnare la porta, perché sapevano benissimo che un paradiso da cui non si può uscire diventa facilmente un inferno. Dunque hanno previsto i meccanismi di revisione del loro testo. Io sono affezionato particolarmente alla prima parte, quella dei diritti e dei doveri, che per fortuna nessuno vuole toccare. Ma sulla parte dell’ordinamento dello Stato intervenire si può, anche tenendo conto della fase storica in cui la Costituzione è nata, dopo un periodo di umiliazione del Paese e delle sue istituzioni”, disse Benigni a Repubblica, per poi sostenere che avrebbe votato a favore del referendum e aggiungere: “Ho stima di Renzi”. A Siena, però, ieri, non l’ha neanche nominato…