La poesia di Virgilio in scena con “Liber Secundus: Ilio brucia” di Anagoor, in programma giovedì 6 marzo, venerdì 7 marzo e sabato 8 marzo sempre alle 11.30 al Teatro Massimo di Cagliari (Sala M2) per la Stagione di Teatro Ragazzi 2024-2025 organizzata dal CeDAC Sardegna. Sul palco Marco Menegoni interpreta i versi dell’“Eneide”, in un vertiginoso e ipnotico assolo sulla colonna sonora elaborata da Mauro Martinuz, per la regia di Simone Derai: il ritmo incalzante degli esametri per evocare la crudeltà della guerra, con gli incendi e i massacri, gli ultimi combattimenti, il furore degli invasori e lo sgomento dei vinti: Enea è testimone della tragedia, indeciso se gettarsi nella mischia e combattere strenuamente contro i nemici o tentare di mettere in salvo la sua famiglia, scegliendo la via dell’esilio. Una delle pagine più intense del poema rivive sulla scena attraverso la narrazione dell’eroe troiano al cospetto della regina Didone e il trionfo dei greci, grazie allo stratagemma del cavallo, si tinge del sangue dei feriti e dei bagliori del fuoco, tra il clangore delle armi, nella cronaca di una strage efferata che, al termine di dieci anni di assedio, segna la caduta di Troia.
Nel capolavoro incompiuto di Publio Virgilio Marone si rivelano tutto l’orrore e tutta la violenza dei conflitti: l’illusione della pace si spezza con l’irrompere degli achei armati, penetrati oltre le mura della città dormiente, con il favore degli dèi e grazie all’astuzia di Ulisse. I guerrieri celati all’interno della scultura lignea aprono le porte ai loro compagni e un’orda di nemici semina la morte per le strade, nei templi e nelle case, lasciando dietro di sé vuoto e devastazione. In mezzo a quell’incubo a occhi aperti, che assume quasi le forme di un genocidio, Enea, figlio della dea Venere, obbedendo alla madre, riesce a fuggire portando con sé il padre Anchise e il figlioletto Ascanio, mentre la moglie Creusa scompare nella confusione. “Liber Secundus: Ilio brucia” rivela il vero volto della guerra, attraverso la forza espressiva della poesia: un monito, che suona ancora oggi tragicamente attuale, per coloro che prediligono il feroce gioco delle armi invece di costruire strategie di pace.