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Codice degli appalti, Cgil e Uil dicono no alle proposte di modifica presentate in Parlamento

Le proposte di modifica del Codice degli appalti in discussione Parlamento ridurranno trasparenza e legalità, ma soprattutto peggioreranno le condizioni degli appalti e dei lavoratori, in tutto il Paese e anche in Sardegna, nei tanti cantieri, scuole, uffici, ospedali dove vengono svolte attività delicate e importanti per la collettività: la denuncia arriva da Cgil e Uil regionali che fanno un appello a tutte le forze politiche, ai deputati e senatori eletti nei nostri territori, alle istituzioni locali e regionali e anche alle associazioni datoriali affinché si adoperino perché il Governo ritiri quelle proposte.

“Oltre a favorire ulteriormente affidamenti diretti e senza gara, ampliare il ricorso ai subappalti, abrogare il rating di legalità, cioè un indicatore sulla reputazione delle imprese – spiegano i segretari Cgil e Uil Sardegna Fausto Durante Francesca Ticca – con le nuove norme verrà meno la corretta applicazione dei Contratti collettivi nazionali di lavoro firmati dalle organizzazioni realmente rappresentative, favorendo dumping e concorrenza sleale, riduzione dei salari e delle tutele in materia di salute e sicurezza”.

Il Governo propone infatti di modificare le norme che obbligano all’applicazione dello specifico Contratto nazionale e territoriale in base all’attività oggetto dell’appalto e firmato dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative, introducendo nuovi indicatori per stabilire quale contratto sia legittimo applicare. Di fatto, secondo Cgil e Uil il governo crea concorrenza sleale fra le imprese e apre la strada a contratti firmati da sindacati e associazioni di imprese con pochissimi aderenti e non riconosciuti come comparativamente più rappresentativi.

Il risultato? Lo spiegano Durante e Ticca: “Se passasse la modifica si potrebbero applicare contratti con meno tutele e salari più bassi, diversi da quelli indicati dalla stazione appaltante anche se peggiorativi rispetto a orari di lavoro, ferie, straordinari e formazione, un fatto che violerebbe anche il principio della legge delega che stabilisce la parità di tutele economiche e normative”.

Per capire l’impatto sulla realtà della Sardegna val la pena ricordare qualche dato (fonte Appalti Imprese): nel 2023 si è registrato l’avvio di 10.386 procedure di affidamento (erano 9.358 nel 2022) di importo pari o superiore a 40 mila euro, per un valore complessivo di circa 6,7 miliardi (4,8 miliardi nel 2022). L’incremento è stato superiore rispetto alla media italiana (+11% per il numero di gare e + 38,9% per gli importi) e l’Isola si posiziona al quinto posto per importo medio annuo pro-capite delle procedure avviate (2.417 euro). Crescono tutti i settori, in particolar modo le forniture non sanitarie (+33.4%) e i lavori pubblici (+31,2%) e per questi ultimi si registra l’incremento maggiore sul fronte degli importi, pari al 113% rispetto all’anno precedente (da 1,5 miliardi a 3,2 miliardi), anche grazie alle risorse del Pnrr, crescita che riguarda prevalentemente l’edilizia scolastica e le infrastrutture.  

Sulla scia della mobilitazione nazionale anche i sindacati in Sardegna hanno scritto alla presidente della Regione affinché si faccia portavoce del malcontento diffuso verso questo provvedimento. “La nostra richiesta – concludono i segretari regionali Cgil e Uil – è che il Governo si fermi, come chiesto da tutte le organizzazioni sindacali ascoltate in Parlamento e da molte delle grandi associazioni di impresa, e apra un tavolo di confronto con le sigle realmente rappresentative, assumendo come stella polare la qualità e la difesa dei salari, dei diritti dei lavoratori, della salute e della sicurezza”.

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