Basta un attimo e, da una pagina web che si sta consultando parte il collegamento a un altro sito su cui viene attivato l’abbonamento mai richiesto, oroscopo, giochi, musica online ma anche applicazioni fantasma che, a totale nostra insaputa, prelevano periodicamente soldi dal nostro conto telefonico. Anche i banner, vale a dire le pubblicità online, possono trasformarsi in tranelli che rifilano pagamenti periodici. Non servono consensi, né carte di credito, tutto automatico e in un istante ci ritroviamo a pagare. Le società a cui finiscono questi soldi, di solito importi piccoli intorno ai 5 euro alla settimana o al mese, sono esterne agli operatori di telefonia che quindi si giustificano dicendo di non c’entrare nulla. Ricevono però una percentuale per ogni cliente che pagherà il servizio.
Per difendersi, bisogna disattivare i servizi premium, quelli aggiuntivi a pagamento. Occorre chiamare l’assistenza del proprio operatore telefonico e chiedere il blocco totale di questo tipo di attività ma ricordate di verificare che l’operatore abbia davvero eseguito questa richiesta. Molto spesso infatti, la telefonata di disattivazione è finita nel vuoto. Le associazioni di consumatori stanno chiedendo da tempo che questo tipo di servizi venga disattivato a monte, come successo con l’899 ai tempi dei modem per navigare.
L’unica difesa ormai è quella di controllare attentamente ogni comunicazione e ogni sms che si riceve dalla propria compagnia telefonica. Una volta caduti nella trappola, si possono riavere indietro le somme scalate indebitamente dal conto telefonico, inviando un reclamo alla compagnia telefonica e intimarla a restituire i soldi. Se non succede nulla si chiede l’intervento del Corecom, il Comitato regionale per le telecomunicazioni. Si verrà convocati per la conciliazione tra le due parto. Se la conciliazione non porta a nulla perché la compagnia fa orecchie da mercante, allora si procede con la richiesta di definizione davanti al Corecom. Questa diventa esecutiva con tanto di azione forzata. A quel punto la compagnia è obbligata a pagare.
Stefania Cossu