
Dai dati del Viminale si evince che, nel periodo dal 23 marzo al 23 aprile più di 192mila aziende hanno continuato a lavorare nonostante la quarantena. Facendo due conti si arriva ad un totale di 55,8% aziende sempre aperte, proprio dove ci sono stati il maggior numero di vittime e contagi. Questo vuol dire che migliaia di persone viaggiavano regolarmente sui mezzi e lavoravano nelle aziende magari senza dispositivi di protezione?
Il maggior numero di richieste è stato presentato in Lombardia (23%), Veneto (16,4%) ed Emilia Romagna (16,4%). Seguono nel centro Italia Toscana (7,9%) e Lazio (4,5%), mentre nelle regioni meridionali Puglia (3,7%) e Campania (2%).
Mentre milioni di persone sono state obbligate a stare in casa, controllate a vista dalle forze dell’ordine, volteggiavano sulle nostre teste addirittura droni ed elicotteri anche di notte (neanche stessero cercando i boss della malavita), al nord le imprese lavoravano e gli affari andavano avanti. E noi chiusi in casa, le nostre aziende chiuse e l’economia in agonia.
Che sia stata questa una delle cause di un disastro sanitario di tali dimensioni al Nord?
Nel dettaglio i dati di ieri della Protezione Civile: i casi attualmente positivi sono 34.473 in Lombardia, 12.347 in Emilia-Romagna, 15.502 in Piemonte, 9.432 in Veneto…
…6.146 in Toscana, 3.433 in Liguria, 3.272 nelle Marche, 4.561 nel Lazio, 2.935 in Campania, 1.744 nella Provincia autonoma di Trento, 2.919 in Puglia, 1.084 in Friuli Venezia Giulia, 2.272 in Sicilia, 2.061 in Abruzzo, 1.035 nella Provincia autonoma di Bolzano, 297 in Umbria, 794 in Sardegna, 811 in Calabria, 313 in Valle d’Aosta, 218 in Basilicata e 198 in Molise.
E questi sono i dati del Viminale:
sono state 192.443 le aziende che, al 24 aprile, hanno presentato la comunicazione alle prefetture per poter continuare a lavorare in quanto funzionali ad assicurare la continuità delle filiere delle attività non sospese oppure perché di rilevanza strategica per l’economia nazionale.
Per permettere la rapida ripresa delle attività economico-produttive, è stata prevista una procedura semplificata, che fa affidamento sul senso di responsabilità dei singoli imprenditori e che consente l’immediato avvio dell’attività con la preventiva comunicazione al prefetto che è chiamato a verificarne i presupposti. Le verifiche non devono necessariamente concludersi con un provvedimento espresso, che viene adottato soltanto nel caso in cui dagli accertamenti emerga l’insussistenza delle condizioni che legittimano l’esercizio dell’attività.
Al 24 aprile 2020 le verifiche da parte di task force appositamente costituite in prefettura hanno riguardato 116.237 comunicazioni ed hanno portato all’adozione di 2.631 (2,3%) provvedimenti di sospensione.