L’Italia annaspa messa all’angolo da una emergenza sanitaria senza precedenti con effetti devastanti sull’economia da troppo tempo in affanno. In questo contesto le misure del governo la chiusura di tutte le attività non essenziali per evitare un’ecatombe completa, hanno contribuito a stendere ulteriormente il bel paese.Complice un’Europa che non c’è.
Oggi anche i più fanatici sostenitori dell’Unione Europea faticano a trovare argomenti per difendere l’indifendibile: è sotto gli occhi di tutti che non esiste un Unione ma soltanto l’egoismo dei singoli stati a trazione germanica. I cosiddetti aiuti, tanto invocati, stentano ad arrivare e nel frattempo il nostro Paese precipita sempre più in basso. Se la situazione sanitaria è diventata preoccupante quella economica non è da meno e mentre le nostre attività sono state sospese negli altri paesi si è continuato a produrre, nessuno si è mai fermato, “rubando” importanti quote di mercato alle aziende nostrane.
Questo ci obbliga a ripartire a prescindere con la difficile impresa di recuperare quote di mercato, occorre una brusca sterzata immediata perché il cielo è oscurato da tanti avvoltoi pronti ad avventarsi per mangiare una ghiotta preda ormai allo stremo. Non dobbiamo permettere di svendere i nostri gioielli per pochi soldi. Non sarà facile, molte imprese avranno problemi a ripartire, una buona iniezione di denaro a fondo perduto, come hanno fatto gli altri Paesi, sarebbe stato un toccasana per superare questa ripartenza, invece manca la liquidità. La liquidità è la chiave di tutto.
Una situazione come questa, così surreale, così drammatica, non si risolve costringendo gli imprenditori a nuovi debiti seppur garantiti dallo Stato, una soluzione molto rischiosa, e per molte realtà, un cappio al collo non la salvezza, i debiti vanno restituiti. Bisogna agire subito ed in modo energico questo è quello che la classe politica continua a ripetere. Ma ancora una volta i nostri governanti non hanno fatto i conti con le banche che più di tutti apprezzano questo tipo di intervento, non per essere il braccio operativo dello Stato per il rilancio del tessuto produttivo ma per eliminare i rischi sui prestiti già in essere sostituendo la garanzia del privato con quella dello Stato. Per essere più chiari viene concesso il prestito garantito dallo Stato a patto di chiudere le pendenze esistenti. La conseguenza è che alle imprese in ginocchio arrivano solo le briciole.
Non tutto il male viene per nuocere, questa situazione di emergenza ha fatto puntare i riflettori sul settore primario che è quello agricolo, messo in disparte ormai da troppo tempo, bisogna pur nutrirsi ed il cibo non lo producono le industrie, al massimo lo lavorano. Un allarme lanciato dalla Ministra dell’Agricoltura Teresa Bellanova che però approfitta del problema per regolarizzare gli immigrati clandestini “servono più immigrati per fronteggiare la ripresa dopo il coronavirus”. E’ vero l’agricoltura ha bisogno di molte braccia nei campi, ma non certo quelle che arrivano con le barche sulle nostre coste che, abbiamo visto, preferiscono occuparsi di altre faccende più o meno lecite, chi invece, sia per indole che per cultura sa lavorare nei campi sono i lavoratori stagionali che arrivano dall’Europa dell’Est.
Questo non piace a Fratelli d’Italia che lancia la sua proposta “Perché non usiamo coloro che prendono il reddito di cittadinanza per portare la spesa agli anziani o per dare una mano a lavorare nei campi?”. Sarebbe un modo di “reintegrare” nella vita attiva chi percepisce il reddito grillino oltre che un aiuto per gli agricoltori che avrebbero manodopera già pagata dallo Stato e darebbe dignità alle persone.
Forse è il caso di riflettere sui porti aperti ed è il momento che ogni Paese si assuma le proprie responsabilità penso che sia proprio il caso di smettere di finanziare gli scafisti facendo i buonisti sulle spalle degli altri, ora è la nave Italia che affonda ed ha bisogno di aiuto.
Giorgio Lecis