Coronavirus. Pene severe per chi non rispetta le regole: si arriva all’accusa di omicidio doloso

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 Coronavirus. Pene severe per chi viola le regole.

Chi dichiara il falso nell’autocertificazione
Attestare falsamente di doversi spostare per motivi di salute, per esigenze lavorative o per altri stati di necessità integra il reato di falsa attestazione a un pubblico ufficiale: la pena va da uno a sei anni di reclusione. È previsto l’arresto facoltativo in flagranza e la procedibilità è d’ufficio.

Ciò significa che chiunque può segnalare i casi di cui venga a conoscenza e far scattare così automaticamente il procedimento penale.
I pubblici ufficiali hanno l’obbligo di denunciare i reati procedibili d’ufficio di cui vengano a conoscenza. Se non lo fanno rischiano l’imputazione per il reato di omessa denuncia, punito dall’articolo 361 del Codice penale.

Sono pubblici ufficiali, oltre alle forze di polizia e armate anche i vigili del fuoco e urbani, i magistrati nell’esercizio delle loro funzioni, i notai ma anche i medici ospedalieri. Tutti possono segnalare i casi sospetti e far attivare le verifiche.

A questo reato si aggiunge anche la fattispecie di cui all’articolo 650 del Codice penale che punisce con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a 206 euro chi viola i provvedimenti che vietano di spostarsi senza motivo.

Chi sospetta di avere il coronavirus e non si mette in quarantena
Chi ha febbre, tosse e altri sintomi associati al Covid-19 e non si mette in quarantena rischia, oltre all’imputazione per violazione dei provvedimenti dell’autorità, un processo per lesioni o tentate lesioni volontarie.

Se dovesse infettare persone anziane o comunque soggetti a rischio causandone la morte, l’imputazione potrebbe trasformarsi in omicidio doloso pena la reclusione non inferiore a 21 anni. Infatti in questo modo si accetta il rischio di contagiare altre persone, causandone lesioni o, nei casi più gravi, la morte. La condotta è punita a titolo di dolo eventuale.

La stessa pena si applica a chi ha avuto contatti con persone positive al coronavirus e continua ad avere rapporti sociali o a lavorare con altre persone senza prendere precauzioni o avvisarle. Non avvertire amici e conoscenti con i quali si hanno avuto contatti negli ultimi giorni, causando il rischio concreto che contagino altre persone, potrebbe costare la stessa imputazione a titolo di dolo eventuale o quantomeno di colpa cosciente.

Il reato di lesioni superiori a quaranta giorni di malattia è procedibile d’ufficio ed è punito con la reclusione da tre a sette anni.

Chi è positivo e non lo dice a nessuno
Chi sa di aver contratto il coronavirus e non lo dice a nessuno, uscendo di casa fa sì che la sua condotta risulti connotata dal dolo diretto.
Le imputazioni, oltre a quella di violazione dell’ordine dell’autorità, sono molto più gravi.

Vanno dal tentativo di lesioni e/o di omicidio volontario se si viene a contatto con soggetti fragili o a rischio fino all’omicidio volontario se ne deriva la morte. La legge è chiara, ma anche la giurisprudenza.
A queste ipotesi si applicano gli stessi principi dei casi delle persone sieropositive che sanno di esserlo e non avvisano il partner né adottano precauzioni per evitare il contagio.

Fonte: https://www.ilsole24ore.com/

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