“Crisi di nervi. Tre atti unici di Anton Čechov”: la regia di Peter Stein al Massimo

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La borghesia russa dell’800 descritta da Anton Čechov, sul filone del genere vaudeville in voga in Francia in quel periodo, viene portata in scena da Peter Stein, uno dei grandi del teatro mondiale. “Crisi di nervi. Tre atti unici di Anton Čechov”, in scena sino a domenica al Teatro Massimo per la Grande Prosa CeDAC, è ambientato in qualche secolo fa. Eppure, i suoi temi, sono comunque attuali.

Ipocrisia, egoismo, difesa dei beni personali, difficoltà a gestire situazioni fuori dalla propria “comfort zone”, sono tematiche che appartengono al genere umano. A volte, a sostegno delle proprie tesi, si ricorre a degli stereotipi, in particolare quello sugli uomini e sulle donne.

In questo spettacolo composto da tre atti, essi vengono prima evidenziati e poi smontati dai fatti. Stessa sorte per le dichiarate ferme decisioni che, volta per volta, vacillano verso la direzione opposta.

“L’ Orso”, il primo, è contraddistinto dal nero, quello del lutto della vedova interpretata dalla grande attrice Maddalena Crippa. La sua recitazione è perfettamente in sincronia con colei che giura fedeltà eterna al defunto marito sebbene lui, in vita, non ha fatto altrettanto. Tuttavia, è una decisione destinata a collassare sotto le avances di un proprietario territorio, una parte affidata a Alessandro Sanpaoli, giunto alla sua presenza per riscuotere un credito. Qui c’è anche il maggiordomo (Sergio Basile) che si agita una volta perso il controllo della situazione. Per tutti e tre i personaggi, vi è una radicale virata rispetto a quanto prefissato.

Gianluca Fogacci è il protagonista de “I danni del tabacco”. In questo atto, al marito di un collegio femminile, viene dato il compito di tenere una lezione che in realtà risulta essere uno sfogo, un monologo su quello che pensa e vorrebbe fare rispetto al ruolo di “spaventapasseri” assegnatogli dalla moglie sempre assente.

Il terzo è ultimo atto è “La domanda di matrimonio”. Lomov (Alessandro Avarone) è un ipocondriaco proprietario terriero che chiede la mano a Natal’ja una “non brutta e brava massaia con una buona rendita” (Emilia Scatigno) per incrementare il proprio patrimonio. Ha pure l’approvazione del padre di lei (ancora Sergio Basile) e la stessa ragazza sembra essere entusiasta della proposta. Tuttavia, la vicenda cambia decisamente rotta quando ciascuno di essi protegge il proprio bene. E quando tutto sembra appianarsi, riaffiora il contrasto fra i personaggi. Che sia il prato del Bove o il cane da caccia, resta la contrapposizione pur senza escludere le nozze.

“Comincia la felicità domestica”, commenta il futuro suocero e con ciò si chiude il sipario. Se Čechov è stato bravo a scrivere, a Stein va il merito, attraverso il suo cast, di portare in scena uno spettacolo incentrato sulla relazione fra uomo e donna. Corteggiamento prima, logorio di un matrimonio e fase pre matrimoniale, sono in scena con la giusta dose di umorismo sebbene vi sia un’implicita ammissione delle fragilità dei suoi dei suoi personaggi.

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