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Dl clima. Gli incentivi si fermano a Euro 3: bonus 1500 euro

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Auto, rottamazioni a maglie più strette. Governo al lavoro per definire il Dl Clima che, nei piani di Palazzo Chigi, potrebbe essere portato in Consiglio dei ministri giovedì prossimo. L’esecutivo rosso giallo ha deciso di irrobustire il Fondo mobilità che punta a spingere gli italiani ad accantonare le vetture inquinanti «al fine – si legge sull’ultima bozza del provvedimento – di ridurre le emissioni climalteranti». Per questa ragione, le risorse del Fondo sono state aumentare da 205 a 255 milioni (5 milioni di euro per il 2019 e 125 milioni per il 2020-2021) e per effetto di questa scelta, Il “buono mobilità” di 1.500 euro che prima valeva per le auto Euro 4 o inferiori adesso viene ristretto alle operazioni legate alla rottamazione delle auto fino a Euro3.

I DETTAGLI
Il buono mobilità potrà essere utilizzato, fino ad esaurimento del finanziamento pubblico, per l’acquisto, anche a favore di un convivente, «di abbonamenti al trasporto pubblico locale e regionale e di altri servizi ad esso integrativi, nonché di biciclette anche a pedalata assistita». Resta confermato che il buono «non costituisce reddito imponibile del beneficiario e non rileva ai fini del computo del valore dell’indicatore della situazione economica equivalente». In sostanza, il bonus non fa aumentare il reddito dell’automobilista evitando conseguenze fiscali. C’è anche chi è molto scettico, questo commento la dice tutta: “L’unica auto davvero ecologica, è quella che già hai”. Lo sapevamo tutti, 10 anni fa. Disimparato quanto era scontato, si procede ora a gettar via nell’ambiente (nostro, e del Terzo Mondo) auto perfettamente funzionanti, e si consumano risorse preziose per produrne (inquinando) di nuove.

LA RIFORMA
Il Dl clima si snoda su 14 articoli e, tra le riforme in arrivo c’è la riduzione progressiva dei sussidi ambientalmente dannosi per raggiungere gli obiettivi del Programma strategico nazionale per il contrasto ai cambiamenti climatici e il miglioramento della qualità dell’aria. La consistenza della riduzione verrà stabilita in Legge di Bilancio e gli importi saranno destinati per il 50% a un Fondo del ministero dell’Economia per interventi in materia ambientale, al sostegno della transizione ecologica delle imprese e dei consumatori, alla promozione di tecnologie e prodotti a basso contenuto di carbonio e di modelli di produzione e consumo sostenibili. Presso il Cipe un comitato ad hoc vigilerà sulla qualità dell’aria. Nel Dl si legge anche che, ogni due anni, il governo dovrà presentare una “Legge per il clima” con lo scopo di concretizzare «le politiche nazionali che puntano a perseguire, entro il 2030, gli obiettivi stabiliti dal Piano nazionale integrato energia e clima 2021-2030 per la produzione di energia da fonti rinnovabili, l’efficienza energetica, nonché la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra». Quanto ai finanziamenti, il governo ha stabilito che al Programma strategico nazionale per il contrasto ai cambiamenti climatici e al miglioramento della qualità dell’aria, che ha durata di 5 anni, sono destinate almeno il 35% delle risorse disponibili del Fondo per lo sviluppo e la coesione per il periodo di programmazione 2021-2027. Sara il Cipe ad occuparsi dell’amministrazione di questi fondi. Intanto, le questioni climatiche entrano nelle scuole.

L’IMPEGNO
Il governo stanzia 6 milioni spalmati su 3 anni per «al fine di avviare campagne di informazione, formazione e sensibilizzazione sulle questioni ambientali ed in particolare sugli strumenti e le azioni di contrasto, mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici, nelle scuole di ogni ordine e grado». Il progetto si chiamerà “#iosonoAmbiente”. Tra le altre misure in gestazione, progetti sperimentali per il trasporto scolastico sostenibile (finanziati con 10 milioni), misure per la riforestazione, il programma Italia Verde, norme per velocizzare la pianificazione d’emergenza per impianti di stoccaggio e trattamento rifiuti. I criteri di riduzione dei sussidi dannosi per l’ambiente continuano a provocare polemiche tra gli operatori. Ieri è stato il turno di Alleanza coop, che ha chiesto ai ministri Teresa Bellanova e Sergio Costa di eliminare la pesca professionale dal novero delle attività colpite dai tagli.

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