Emera Film porta su CHILI Con le nostre mani: Emanuel Cossu racconta la vita dei genitori gravemente segnata dalla poliomielite

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Emera Film torna su CHILI (www.chili.com) con Con le nostre mani di Emanuel Cossu, un documentario prodotto da Karel, e scritto da Giovanni Kossu e Anna Maria Loi. Con le nostre mani è un documentario che racconta la storia di Anna e Giovanni, una coppia di coniugi che vive in un paese nel sud della Sardegna e della loro tanto comune quanto particolarissima vita di disabili che hanno scelto di condurre una vita come tanti. Con un importante retroscena di questo documentario pieno di sensibilità e di poesia: il regista del documentario, Emanuel, è in realtà il figlio della coppia che, non a caso, segue con la macchina da presa passo passo la vita dei genitori, lasciando ai gesti raccontare la poesia, nel tentativo riuscitissimo di dar voce a loro e di mettere da parte il sé.
Il documentario è vincitore del premio Miglior Regia Anteprima Mondiale al Social Film Festival ArTelesia di Benevento.
Anna e Giovanni sono sposati da ormai trentaquattro anni e durante la loro vita sono riusciti a togliersi qualche soddisfazione: hanno una casa tutta loro che via via adattano alle loro esigenze, un figlio che si è laureato anche grazie ai loro sacrifici, e una notevole autosufficienza guadagnata duramente durante il corso degli anni. Una vita normale per molti, la loro, ma non per Anna e Giovanni, entrambi vittime di una poliomelite invalidante che li ha colpiti sin dai primi mesi di vita:  Anna e Giovanni vivono entrambi fra stampelle e sedia a rotelle e la loro è una vita spesa per far valere i propri diritti e superare tutte le barriere – architettoniche, culturali e sociali – che hanno dovuto affrontare. Perché Anna e Giovanni hanno scelto di vivere una vita normalissima: di sposarsi, di avere una casa, di lavorare, di avere ed allevare un figlio. Oggi, oltre ai pregiudizi, si aggiungono i problemi dell’età che aggrava le difficoltà di movimento e di autonomia: iniziano ad aver bisogno di un aiuto domestico, di un aiuto per muoversi. E poi c’è il desiderio di poter ritornare al paese natale di Giovanni, la città costiera di Bosa, dove in passato hanno trascorso tanti momenti felici e dove vivono ancora dei parenti che non vedono più da tanto tempo. E la vita continua….
“Da autore e regista del documentario mi trovo in una condizione particolare, essendo il figlio di Anna e Giovanni. Per questo ho ben chiare tutte le difficoltà che Anna e Giovanni hanno affrontato e che stanno affrontando quotidianamente, ed anche la grande sofferenza che provano nel non poter riabbracciare Bosa, paese natale di Giovanni. Sono convinto però che con la giusta fiducia e motivazione sia possibile superare anche questo ostacolo e far tornare a Bosa i miei genitori. Il lavoro si muoverà su due binari paralleli: dovrò rendere familiare anche allo spettatore ciò che per me è assodato da sempre, dall’altra, dovrò stimolare i protagonisti-genitori per superare il loro ostacolo. Per ottenere questo risultato, in fase di preparazione alle riprese riprenderò le loro giornate abituandoli alla presenza della macchina da presa. In questa fase preparatoria cercherò di fissare quei riti e dettagli che devono trovare la loro forza simbolica all’interno del documentario con l’intento di mostrare il valore che quegli stessi dettagli hanno avuto per i protagonisti durante tutta una vita.
La mia intenzione è di dare una struttura temporale circolare al racconto, dal risveglio di Anna e Giovanni la mattina sino a quando vanno a letto di rientro da Bosa. Iniziando con i protagonisti a letto non li si nota subito come invalidi ma come una coppia normale a letto. La mattina, con l’arrivo della luce, intravediamo subito le carrozzine al lato del letto e vediamo invece che quella coppia ha tante difficoltà, sin dal momento in cui si devono alzare dal letto. A livello espressivo mostreremo gli spazi domestici prima vuoti e poi vissuti, a modo loro, da Anna e Giovanni. Importante è la posizione della macchina da presa che sarà posta all’altezza dei protagonisti, ossia all’altezza di una sedia a rotelle, per far entrare lo spettatore all’interno del loro modo e renderli partecipi del loro punto di vista e della loro prospettiva. Le inquadrature si apriranno all’esterno quando Giovanni e Anna faranno le loro passeggiate e soprattutto quando si metteranno in cammino per Bosa. La presenza dell’autore-figlio all’interno del documentario, coerentemente con il fatto che da anni non vive nella casa dei protagonisti e non ne condivide la quotidianità, sarà evidente solo quando verrà chiamato in causa da Anna e Giovanni che, dimenticandosi della presenza della videocamera, lo interpelleranno e si rivolgeranno a lui in qualità di figlio presente in casa con loro in quel momento.”
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