Simpatico e originale, Francesco Baccini regala gioia al Teatro Massimo. Il suo unplugged, realizzato ieri sera insieme all’eccellente Michele Cusato, è un viaggio musicale lungo trent’anni che lega a doppio filo una prestigiosa carriera a una vita sicuramente non sempre a tinte rosa.
Con l’artista genovese, l’amore per la musica si sposa con l’ironia o ancora meglio con l’autoironia. Belle o brutte che siano, le esperienze personali rientrano nei suoi testi e quando introduce ogni singolo brano, è naturale considerarlo come un amico che racconta la sua quotidianeità e le sue battute rendono ancora più energico il concerto
Si comincia con “Naviganti di Te” in piedi e si prosegue al pianoforte con “Ho voglia di innamorarmi”. Un microfono che non vuole saperne di stare fermo e arriva “Fotomodelle”. Poi c’è “In Fuga” una canzone “che mi è stata bocciata a Sanremo per il tema affrontato. Era dedicata a un campione che in una notte è passato dalle stelle alla stalle: Marco Pantani”.
Amante della musica classica e studioso del pianoforte sin da bambino, Baccini diventa tifoso del Genoa per ripicca a causa di una rottura del femore quando indossava la maglia della Primavera della Sampdoria. Durante la convalescenza, ascolta colui che cambierà i suoi gusti: “Ho avuto la fortuna di conoscere i miti della mia adolescenza ed essergli amico. Uno in particolare, genovese come me e tifoso del Genoa, l’ho conosciuto a Milano: E’ Fabrizio De Andrè”. E’ l’introduzione a “Genova Blues”, il dolce omaggio al capoluogo ligure scritto insieme al suo concittadino illustre. E a quest’ultimo, si lega anche l’affettuosa “La Ballata dell’Amore cieco”, inserita nel 2001 nell’album Forza Francesco!
“Con mia madre ho sempre avuto un rapporto difficile. Sono scappato di casa per andare a Milano e non parlavamo tanto. Eppure, spesso mi sono ritrovato a parlare di lei da quando non c’è più”. Ad essa è dedicata “E una notte di neve” mentre con “L’equilibrista” si racconta di quanto “in fondo tutti noi siamo degli equilibristi nella vita”. Con “Mani di forbice”, ispirato alla famosa pellicola, il cantante affronta il tema della paura che si prova nei confronti di chi è apparentemente diverso.
Orfano di padre a 15 anni, viene assunto al porto ma è un luogo di lavoro che gli sta abbastanza stretto. Firmate le dimissioni, raggiunge Milano con la granitica certezza di voler diventare un musicista. Per un anno e mezzo, dorme in macchina nelle piazzole degli Autogrill sino a quando viene messo sotto contratto da Caterina Caselli. “La notte non dormo mai” è sostanzialmente un sunto di quel periodo.
Come detto, l’artista ligure è dotato di humour e quando parla della sua città, include anche il sesso femminile. “A Genova, ci sono poche donne e hai successo se parli con un accento diverso. Con il mito di Fellini e dell’Emilia Romagna, sono andato a Modena ma dopo tre mesi, l’unica donna che ho conosciuto era la madre del tecnico del suono”. Tutto questo per introdurre “Le Donne di Modena” scritta nel 1990. Ad essa, segue la vibrante “Sotto questo sole”, vincitrice del Festival Bar dello stesso anno sebbene la diffidenza iniziale delle case discografiche. “Sherek Aleluja”, la versione italiana di quella scritta da Leonard Cohen per accompagnare il film preferito dal figlio “che non sapevo di avere”.
Il concerto può terminare cosi ma forse manca qualcosa. Il dubbio è fugato quando, alla luce dei telefoni, “Creuza de Ma” viene eseguito col cuore in mare alla luce dei telefonini. Non è nemmeno questo il momento di darsi la buonanotte, perché è solo alla fine di “Berenice”che Baccini e Cusato ottengono i meritati applausi per una emozionante esibizione.