CAGLIARI POST

““Franciscus  il folle che parlava agli uccelli”, la dolcezza di Simone Cristicchi incanta il Teatro Massimo

Emozionante, struggente, coinvolgente. Per descrivere lo spettacolo di Simone Cristicchi, da lui interpretato e scritto insieme a Simona Orlando, la lista degli aggettivi potrebbe essere ancora più lunga

Per l’artista romano classe 1977, il ruolo di attore sembra essergli cucito addosso e vederlo recitare è un’assoluta rivelazione. In scena per una ora e mezzo sul palco del Massimo, è capace di interpretare ruoli differenti con registri differenti senza omettere le canzoni scritte con la cantautrice toscana Amara.

In questa nuova tappa artistica, Cristicchi è narratore, è Cencio in una lingua “misturata”, è Francesco. Il tutto scorre convinti che sul palco si alternino diversi attori quando in realtà, è solo un cambio di abiti e di impostazione vocale.

“Franciscus  il folle che parlava agli uccelli”, sostanzialmente, non è la vita di San Francesco dal punto di vista prettamente biografico. E’ piuttosto un elogio di un uomo che dagli agi di una famiglia di ricchi mercanti passa ad una vita al servizio degli altri o ancora meglio, per gli altri.

L’apertura è per Cencio, un cercatore di stoffe da trasformare in carta pregiata. A lui, che parla una lingua “misturata” della strada, con una carriola e abiti non certo eleganti, interessa sbarcare il lunario. La sua meraviglia è quella di come un giovane ricco, “con la camicia di seta”, possa abbandonare tutto a vantaggio di Dio e della benevolenza.

“Cosa si può dire oggi di quest’uomo? Se lo vedessimo passeggiare per le strade del nostro quartiere, sapremo riconoscere uno come Francesco d’Assisi”? Tolta la criniera e gli abiti da cenciarolo, Cristicchi è cantante prima, narratore poi.

“Cavaliere ricco o cavaliere di Dio?” Il dilemma che attanaglia Franciscus evapora con la scelta di avvicinarsi ai lebbrosi, aiutare i poveri e rispettare la natura e gli animali. E’ la fase della ripartenza, di un nuovo senso della vita che raccontati cosi, spingono all’analisi se comparati ai tempi odierni.

Cencio può essere visto come un reporter del Medioevo che racconta lo scandalo derivante un uomo nudo spogliato dei suoi abiti davanti al Papa. Quest’ultimo è altresì confuso dinnanzi alla richiesta di un nuovo Ordine di Frati all’insegna dell’umiltà.

“Francesco vai via”. La dolce canzone si lega al percorso spirituale effettuato dal Santo, un virtuoso che oggi sarebbe difficile immaginare “passeggiare in un centro commerciale”, “usare un tapin roulant per stare fermo”,”osservare un paio di sandali francescani da vip da 500 euro”.

“Lo chiederò alle allodole come restare umile se la ricchezza è vivere con due briciole o forse poco più rispondono le allodole noi siamo nate libere”.Cristicchi canta questo per enfatizzare la semplicità della vita di Francesco. Cencio, invece, lo capisce solo al cospetto della Morte.

Del resto “Francesco è tutto e il contrario di tutto! E’ cattolico, eretico, clericale ed anticlericale, socialista e conservatore, ecologista e anarchico, punk”.

Tra mito e storia, Cristicchi riesce a cogliere, tra le altre cose, le analogie fra il “poverello di Assisi” e il mondo islamico dei sufi. Oppure, più semplicemente, se per Cencio la vita è miserabile, per Franciscus è sinonimo di bellezza.

In conclusione, “l’infinito siamo noi” mentre un ulivo appare sul palcoscenico. E’ l’ultimo fotogramma di uno spettacolo bellissimo dove la standing ovation è più di un riconoscimento, è un ringraziamento!

print
Exit mobile version