Ha lasciato il carcere dopo 25 anni, per fine pena, il boss mafioso Giovanni Brusca, 64 anni, fedelissimo del capo dei capi di Cosa nostra, Totò Riina, prima di diventare un collaboratore di giustizia ammettendo, tra l’altro, il suo ruolo nella strage di Capaci e nell’uccisione del piccolo Giuseppe Di Matteo. Brusca è uscito da Rebibbia, a Roma, con 45 giorni di anticipo rispetto alla scadenza della condanna.
Brusca sarà sottoposto a controlli e protezione, oltre a quattro anni di libertà vigilata, come deciso dalla Corte d’Appello di Milano. La pena si è ancora accorciata per la “buona condotta”. Gli ultimi calcoli prevedevano la scarcerazione a ottobre. E’ arrivata anche prima.
Giovanni Brusca è un boss mafioso fra i più feroci e fedeli alla dottrina di sangue di Totò Riina. Fu lui che schiacciò il pulsante del telecomando dalla collinetta sopra Capaci, che sciolse nell’acido il piccolo Giuseppe Di Matteo, figlio undicenne del pentito Mario Santo Di Matteo.
L’arresto nel 1996 Brusca venne arrestato il 20 maggio del 1996 in una villetta vicino ad Agrigento.
Per la fredda ferocia il suo delitto più terribile rimane quello del piccolo Di Matteo. “Allibertativi du cagnuleddu” (liberatevi del cagnolino), ordino’ Brusca. Suo fratello Enzo Salvatore lo teneva per le braccia, Giuseppe Monticciolo per le gambe, Vincenzo Chiodo lo strangolò. Poi venne sciolto nell’acido. Fu uno dei tanti omicidi commessi e ordinati dal boss di San Giuseppe Jato che grazie al suo pentimento ha evitato l’ergastolo e ha scontato una condanna a trent’anni. Tale era il distacco nel commettere i piu’ feroci delitti che quando gli chiesero quante persone avesse ammazzato, rispose “Meno di duecento, il numero preciso non lo ricordo”.