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Grande emergenza umanitaria in Somalia per le recenti inondazioni

Situazione critica di grande emergenza per le alluvioni che hanno inondato la Somalia, causando oltre 270.000 sfollati; la pioggia è alcuni giorni che da tregua ma, nonostante l’acqua si stia ritirando, decine di migliaia di sfollati vivono ancora in ripari di fortuna nelle zone più elevate della città.

Medici Senza Frontiere (MSF) ha avviato cliniche mobili per portare cure in diverse aree del distretto di Beledweyne, uno dei più colpiti.

Acque di fogna e alluvionali si sono mischiate, contaminando i pozzi. Le riserve di cibo sono state spazzate via e pozze stagnanti sono ovunque, creando ambienti perfetti per la proliferazione delle zanzare, che diffondono malaria e altre malattie.

L’ospedale distrettuale è stato inondato e le consultazioni mediche sono state interrotte. Da tre settimane la struttura è fuori uso e pochissime forniture mediche potranno essere utilizzate.

L’aeroporto locale è chiuso da diversi giorni e MSF ha portato via terra scorte di cibo terapeutico, acqua potabile, tende e beni di prima necessità come coperte, secchi e utensili per cucinare e ha costruito latrine e servizi igienico-sanitari.

Le équipe mediche stanno trattando malattie trasmesse dalle zanzare come la malaria, diarrea e febbri di origine sconosciuta. I bambini arrivano con infezioni del tratto respiratorio come la polmonite, e i livelli di malnutrizione, già alti prima delle alluvioni, stanno peggiorando.

Mohamed Kalil, esperto di affari umanitari per MSF in Somalia e Somaliland, che ha partecipato all’intervento di emergenza nelle aree alluvionate, rilascia questa testimonianza: “Beledweyne è una grande città della Somalia centrale, con palazzi alti e una vibrante attività commerciale. È spesso interessata da piogge stagionali, ma questa volta il fiume Shabelle si è gonfiato a tal punto per l’acqua proveniente dagli altipiani dell’Etiopia, che a fine ottobre i suoi argini si sono rotti e la città si è quasi completamente allagata; vediamo molta sofferenza – prosegue Mohamed Kalil – sono condizioni di tale vulnerabilità che spesso è un dilemma decidere chi ha più bisogno.”

Gli aiuti distribuiti finora sono stati una goccia nell’oceano. Alcune famiglie si dividono addirittura il PlumpyNut, il cibo terapeutico che diamo ai bambini durante i trattamenti per malnutrizione. Altre hanno finito per bere acqua piovana. Moltissimi non hanno adeguata protezione per le giornate molto calde e le fredde notti ventose.

Alberto Porcu Zanda

 

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