HIV, a Cagliari chiusi i centri in cui fare il test

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Cagliari. È un momento drammatico per tutti a causa della pandemia da CoViD. Ma lo è ancor di più per le persone che hanno urgenza di fare un test Hiv perché hanno corso il rischio di aver contratto il virus. I due principali centri di malattie infettive a Cagliari hanno comunicato che almeno fino al 15 novembre non sarà possibile l’accesso al test presso le loro strutture a causa dell’emergenza coronavirus.

Per questo motivo Lila Cagliari ha deciso di aprire il servizio di test una volta alla settimana: nella sede di via Dante 16 a Cagliari, i test saranno disponibili nei giorni 7, 11, 20 e 28 novembre. Per accedere è necessario prenotare al centralino 3475565300, operativo il lunedì dalle 18 alle 21 e dal martedì al venerdì dalle 18 alle 20.

Il servizio, rivolto a chiunque abbia corso un rischio avendo rapporti sessuali non protetti, vuole supportare le persone che non possono rivolgersi a un ospedale, soprattutto in questo momento in cui i reparti dedicati all’Hiv sono chiusi per problemi legati al coronavirus. Lila ha già offerto negli ultimi 12 mesi oltre 200 test rapidi per Hiv, Hcv e Sifilide; nel 2020 il servizio è stato finanziato dall’Unione Europea con il progetto “Cagliari Get Tested”.

Ricevere la diagnosi Hiv prima possibile è importantissimo perché la persona che risulta positiva entrerà subito in terapia e in breve tempo non sarà più in grado di diffondere il virus.

La pandemia da CoViD ha naturalmente acuito tutte le criticità già esistenti. Il 4 maggio scorso abbiamo scritto una lettera al Ministro Speranza lanciando l’allarme sul rischio che la chiusura totale o parziale dei servizi di prevenzione, diagnosi e cura potesse incidere significativamente sulla crescita delle infezioni da Hiv e anche sul mantenimento in cura delle persone con Hiv.

L’obiettivo Onu, che prevede di debellare l’Hiv entro il 2030, fissando con precisione tappe e strategie d’intervento rischia di essere un fallimento. Prima fase di questo percorso è il raggiungimento del target “90-90-90” già entro il 2020, una formula con cui l’Onu, sinteticamente, prescrive agli stati membri la necessità di rendere consapevole della propria condizione sierologica il 90% delle persone con Hiv, di assicurare a questo 90% l’accesso alle terapie antiretrovirali (ART) e di portare almeno il 90% delle persone in terapia ad un livello di viremia non rilevabile rendendo quindi impossibile la trasmissione del virus ad altri.

Raccomandazioni in tal senso, sono giunte più volte dalle principali agenzie di salute globali, come Oms, UnAids, nonché dal Parlamento Europeo e dalla Commissione Europea che già prevedono che le perdite di follow up, di linkage e continuum of care, di testing e prevenzione arrecheranno danni, forse irreversibili, alle persone con Hiv generando problemi sociali ed economici. Le stesse agenzie segnalano un passo indietro rispetto al target 90-90-90 e paventano il forte rischio di un fallimento degli obiettivi Onu del 2030.

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