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Il 75% dei professionisti che chiedono di lavorare all’estero potrebbero ripensarci di fronte al cambiamento radicale del SSN

«Delle 6mila richieste ufficiali che ci sono pervenute fin qui alla segreteria e allo sportello dell’Amsi, nel corso del 2023, da parte di medici e infermieri e professionisti della sanità, con la concreta intenzione di lasciare il nostro Paese per ricostruirsi legittimamente una nuova carriera all’estero, sulla base di retribuzioni decisamente più remunerative e anche di prospettive di crescita non indifferenti, nonché di maggiore serenità per se stessi e per la propria famiglia, un buon 75% potrebbe rivedere la propria decisione di abbandonare l’Italia, se esistessero, ovviamente, solide condizioni di miglioramento del nostro sistema sanitario».

Così il Prof. Dott. Foad Aodi, Presidente e Fondatore dell’Associazione Medici Stranieri Italiani e Docente a contratto all’Università di Tor Vergata e Membro registro esperti della Fnomceo.

«In parole povere, continua nella sua attenta disamina Aodi, quella di abbandonare l’Italia, nella maggior parte dei casi, si rivela una scelta forzata, dettata dalla crisi profonda in cui è piombato il nostro sistema sanitario.

Stiamo, perciò, conducendo un autorevole e accurato sondaggio interno, relazionandoci direttamente con i professionisti a cui gioco forza rispondiamo, per fornire loro proficue informazioni sulle opportunità di lavoro all’estero.

In particolare, in questo momento storico, c’è una forte tendenza a guardare ai Paesi del Golfo, vere e proprie isole felici a livello sanitario come organizzazione dei propri ospedali, massicci investimenti dei Governi locali sulla sanità, con un rapporto spesa sanitaria/Pil che può arrivare al 10% (da noi è inferiore al 7%), e ancora con prospettive di carriera per i professionisti, oltre che stipendi, che da noi, in questo momento, nessuno può negarlo, sono pura utopia.

Eppure, secondo le nostre inchieste interne, continua Aodi, sono tanti i fattori che potrebbero influire positivamente sulla decisione di rimanere nel nostro Paese, a condizione che, ovviamente, almeno una parte di essi, si realizzino e vedano la luce, a condizione che la nostra politica si dia finalmente una scossa e che si metta in atto un piano sinergico Governo-Regioni per ricostruire, finalmente, dalle fondamenta, la sanità italiana».

Aodi ribadisce il suo apprezzamento per tutti gli sforzi profusi e le proposte arrivate dal Ministro Schillaci e la collaborazione proficua che si è instaurata con la sua segreteria tecnica.

«Lanciamo il nostro appello a tutto il mondo politico, quello di ascoltare più a fondo il grido d’allarme e di sofferenza che lanciamo da parte dei nostri colleghi italiani.

Inoltre ringraziamo tutti i presidenti di regioni che stanno aprendo le porte ai professionisti della sanità stranieri.

Ecco allora quelle che noi di Amsi e del Movimento Uniti per abbiamo voluto definire come “le ricette” per “curare il paziente sanità italiana”, un paziente, sia chiaro, gravemente malato, ma che può ancora farcela a guarire. Le proposte rappresentano ovviamente il frutto delle nostre analisi dettagliate sulle problematiche del nostro sistema sanitario e, naturalmente, arrivano anche dalla voce dei diretti interessati, medici e infermieri, che interagiscono ogni giorno con noi.

Le abbiamo così sintetizzate:

– Stipendi e retribuzioni più consone alle competenze e alle elevate responsabilità, nonché allo stress e ai turni massacranti dei professionisti della sanità, adeguati agli standard europei.

– Piano radicato e massiccio di assunzioni, da Nord a Sud, per sopperire alla carenza di personale e sanare così la voragine di medici e infermieri che pesa come un macigno sulla organizzazione degli ospedali.

– Assunzioni con contratto a tempo indeterminato per combattere le carenze nella sanità pubblica e privata.

-Valorizzare e coinvolgere i professionisti della sanità nell’organizzazione e programmazione del SSN.

–Incentivare su innovazione, telemedicina, ricerca e scambio socio sanitario e scientifico con l’estero

-Modernizzazione delle strutture sanitarie pubbliche  

– Arginare sul nascere il drammatico fenomeno delle aggressioni ai professionisti della sanità con un aumento esponenziale dei presidi di pubblica sicurezza e con campagne mirate anti-violenza che contribuiscano a rasserenare il clima di esasperazione e di mala cultura, con i cittadini che hanno trasformato gli operatori sanitari nei nemici contro cui combattere e nel capro espiatorio dei disagi.

– Rafforzamento della sanità territoriale, allo scopo di creare maggiori strutture, come ambulatori per i codici bianchi e Punti di Primo Soccorso, per snellire i carichi dei pronto soccorsi e gestire, al di fuori degli ospedali, i pazienti meno gravi.

-Depenalizzazione dell’atto medico e contrasto alle denunce troppo facili.

– Al primo posto c’è anche la formazione, l’aggiornamento costante dei professionisti. A nostro avviso deve aumentare il numero dei corsi gratuiti, in gioco c’è la qualità dei corsi di formazione offerti

– Riprogrammare l’ingresso alle facoltà di medicina in base alle esigenze del mondo di lavoro e del numero dei pensionati nei prossimi 15 anni.

– Coinvolgere e valorizzare i medici specializzandi

– Togliere l’obbligo della cittadinanza per i professionisti della sanità stranieri per sostenere i concorsi pubblici e quello di medicina generale, vista la gravissima situazione sanitaria

– Risanare la situazione dei professionisti della sanità stranieri che sono arrivati tramite Cura Italia articolo 13 e posticipare la scadenza del 31.12.2025, dando a loro la possibilità di mettersi in regola secondo le leggi vigenti.

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