Londra. La conferma è arrivata da Scotland Yard, il giovane viveva nell’East London come gli altri due terroristi Khuram Shazad Butt e Rachid Redouane. Si chiamava Youssef Zaghba, aveva 22 anni ed era di nazionalità italiana: è lui il terzo attentatore di Londra. La sua identità era stata tenuta segreta proprio per consentire agli inquirenti di indagare sui suoi contatti. Era saltata fuori una pista italiana, emersa sulla base di un’indagine già in corso a proposito di un trasferimento sospetto di danaro fatto da un gruppo di pachistani tra Londra e l’Italia. Youssef Zaghba era nato nel 1995 in Marocco, a Fez, da padre marocchino e madre italiana, convertita all’Islam. Nel marzo del 2016 era stato fermato all’aeroporto di Bologna mentre cercava di partire per la Turchia e raggiungere poi la Siria. Aveva con sé solo un piccolo zaino, il passaporto e un biglietto di sola andata, circostanze sospette che, insieme alla rotta aerea per Istanbul, ne fecero disporre il fermo per accertamenti. Come riporta Rainews nel marzo 2016 l’intelligence italiana avvisò Londra Zaghba fu controllato agli imbarchi e non diede spiegazioni sulle ragioni del suo viaggio né sulla sua destinazione, anzi iniziò ad agitarsi. Fu avvisato quindi il procuratore aggiunto Valter Giovannini, all’epoca coordinatore del gruppo ‘terrorismo’ della Procura, che intervenne direttamente affinché il giovane non fosse fatto imbarcare, in attesa di approfondimenti. Fu disposto dalla Procura il sequestro del passaporto, del cellulare e del pc a casa, dove fu fatta una perquisizione. Non emersero elementi particolari, se non qualche documento di carattere religioso, scaricato da siti fondamentalisti. Il giovane, che perse il volo, fu poi rilasciato. Dopo l’episodio di Bologna Zaghba fu monitorato dall’intelligence e risulta non aver vissuto in Italia stabilmente, anzi la sua presenza fu limitata a brevi periodi per visite alla madre. Dopo il fermo di Bologna dai servizi italiani fu mandato un appunto a quelli londinesi: nonostante il proscioglimento, l’Italia l’aveva comunque inserito nelle liste delle persone a rischio.
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