Ricordo che ad un corso di aggiornamento per giornalisti ci spiegavano che abbiamo una grossa responsabilità nello scrivere utilizzando alcuni termini piuttosto che altri. Un termine sbagliato poteva generare un atteggiamento negativo, se non addirittura discriminante verso alcune categorie “deboli” come i migranti e gli africani.
Proibito usare le parole negro, nero, clandestino ecc.. Dopo circa un’ora di lezione sui termini da evitare (tutti), una collega ha chiesto di intervenire ed ha formulato una domanda ben precisa ai relatori “ci siamo sorbiti una lezione sui termini da non usare, ci volete dire ora in conclusione quali sono i termini da usare quando si trattano questi argomenti?” Bene nessuno dei relatori ha saputo rispondere. Questo per dire che spesso si esagera col protezionismo . Anche il termine clandestino che è bandito dal linguaggio giornalistico non vuol dire altro che “sprovvisto di documenti di viaggio” Il paradosso in Italia è ridicolo: non si usa il termine immigrato clandestino, però gli scafisti vengono incriminati per un reato che è “favoreggiamento dell’immigrazione clandestina”. In realtà quindi noi accogliamo persone che pagano i criminali per venire qui. La Convenzione di Ginevra del ’51 li rende tutti immigrati illegali, perché anche il profugo di guerra segue altri canali per ottenere asilo.
Anche l’espressione di colore – da molti ritenuta neutra e priva di connotazione negativa – è stata in anni recenti messa sotto accusa. In proposito, si ricorderà la poesia anonima, circolata ampiamente sul web con intento ironico-polemico,
Uomo di colore
«Io, uomo nero, quando sono nato ero Nero/Tu, uomo bianco, quando sei nato, eri Rosa
Io, ora che sono cresciuto, sono sempre Nero/Tu, ora che sei cresciuto sei Bianco
Io, quando prendo il sole sono Nero/Tu, quando prendi il sole sei Rosso
Io, quando ho freddo sono Nero/Tu, quando hai freddo sei Blu
Io, quando sarò morto sarò Nero/Tu quando sarai morto sarai Grigio
E tu mi chiami uomo di colore?”
Temo che, a questo punto, l’unico modo per non creare discriminazioni sarà chiamarli “diversamente bianchi”
Giorgio Lecis
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