La questione dei tempi di attesa per chi ha presentato la domanda per la pensione è una vergogna che viene a galla, stavolta con la complicità della politica. In particolare, la pensione “anticipata” quota 103, i cui requisiti sono almeno 62 anni di età e 41 anni di contributi, è ricalcolata interamente col contributivo e prevede una finestra di attesa di 7 mesi per i lavoratori privati e 9 mesi per quelli del settore pubblico.
Ma non è tutto. La vergogna delle vergogne è che, oltre alla finestra di attesa, bisogna aspettare i tempi di lavorazione della pratica, che vanno dai 55 ai 120 giorni e potrebbero anche allungarsi. Una pratica che, con la massima pignoleria, necessita di non più di 30 minuti di lavorazione.
La ciliegina sulla torta è che, dalla decorrenza della pensione, quindi dopo la finestra di attesa, non è consentito svolgere nessuna attività lavorativa. Diverse famiglie sono costrette a indebitarsi per sopravvivere tra bollette, affitti o mutui da pagare e spese per mangiare.
La politica fa finta di non vedere
Dopo la denuncia della Cgil l’INPS ritratta sull’aumento dell’età di pensionamento
L’Inps nella bufera fa marcia indietro e cancella dalle simulazioni l’aumento dell’età di pensionamento e dei contributi necessari all’accesso alla pensione anticipata a partire dal 2027. E anche dalla politica arriva l’impegno ad evitare l’allungamento dei tempi… crediamoci.
Dopo la denuncia della Cgil sull’aumento a sorpresa di tre mesi a partire dal 2027 e di altri due mesi a partire dal 2029 nelle simulazioni, l’istituto ha rivisto gli applicativi e gli aumenti che, secondo documenti prodotti dal sindacato, erano prima previsti sono ora spariti. Resta quindi l’accesso alla pensione con 67 anni di età o con 42 anni e 10 mesi di contributi indipendentemente dall’età almeno fino al 2028.
Giorgio Lecis