Com’era la Sardegna nel medioevo? Era certamente povera e poco abitata, un po’ come lo è quella di oggi; il territorio era difeso militarmente dai castelli che erano costruiti sulla sommità delle colline e di cui non restano, nella maggioranza dei casi, che ruderi con poche pietre; le popolazioni si raccoglievano nelle città lungo le coste o nei villaggi sparsi sul territorio che facevano capo alle chiese, grandi, abbazie, cattedrali, o piccole ed adiacenti a piccoli monasteri: ecco il perché di tante chiese, arrivate fino ai giorni nostri quasi intatte, disseminate nelle fertili pianure sarde adatte alla coltivazioni di cui monaci erano maestri.
Nel territorio del Parteolla, a circa tre chilometri da Serdiana in una zona piano-collinare circondata da oliveti, sorge l’antica Chiesa di Santa Maria di Sibiola, uno dei tanti e bei capolavori romanici della Sardegna; il “tempietto” campestre fu eretto nel primo quarto del XII secolo dai monaci Vittorini dell’Abbazia di S.Vittore di Marsiglia; la più antica attestazione del titolo della chiesa compare nell’ultimo inventario, risalente al 1338, riguardante i beni posseduti in Sardegna dai Vittorini di Marsiglia; tutt’attorno alla piccola chiesa, nel medioevo, sorgeva il villaggio di Sibiola che era – come si evince da un documento dell’archivio di Pisa riguardante il dominio pisano nel cagliaritano – considerato, sulla base dei tributi che venivano versati, come uno dei più ricchi ed abitati villaggi del sud Sardegna.
La chiesetta che ha una forma rettangolare suddivisa all’interno in due navate asimetriche di diverse dimensioni che si chiudono con altrettante absidi semicircolari una più grande dell’altra, è costruita in conci squadrati di pietra arenaria.
La facciata è semplice con due ingressi che hanno al di sopra: quello di sinistra una monofora, quello di destra una bifora. Sul fianco sinistro si trova la scala d’accesso al tetto e al campanile.
Alberto Porcu Zanda