I ricci di mare sono una prelibatezza per palati fini, dal gusto delicato ma al contempo dall’impronta fruttata e decisa: peccato che attualmente ce ne siano sempre di meno nei nostri mari; la specie, occorre ricordarlo, è ormai rarefatta ed a rischio estinzione a causa del prelievo sconsiderato che da sempre è stato fatto a fini gastronomici; si pensi che ogni anno se ne pescano trenta milioni di esemplari.
Nonostante questo e benchè attualmente sia la stagione di chiusura a fini di tutela riproduttiva della specie, la pesca abusiva dei ricci di mare in Sardegna non conosce limiti. Grazie anche ad una ostinata quanto sconsiderata richiesta commerciale, c’è chi ancora li propone, tant’è che numerosi rivenditori abusivi ma anche ristoranti regolari, sono finiti nel mirino dei controlli e sono stati sanzionati.
L’associazione ecologista Gruppo d’Intervento Giuridico, ha recentemente promosso una petizione popolare indirizzata ai ministri alle Risorse agricole e all’Ambiente ed all’Assessore regionale all’Agricoltura, con l’obiettivo di scongiurare la scomparsa dei ricci dai mari sardi e di avviare un piano di salvaguardia di medio-lungo periodo: ad oggi sono più di 7000 le firme raccolte per chiedere una moratoria di tre anni della pesca dei ricci di mare, monitoraggi marini e provvedimenti di sostegno ai pescatori temporaneamente impossibilitati alla pesca.
Oggi è quindi il momento della riflessione, della sensibilizzazione, occorre una consapevolezza ed un’etica del consumo delle materie prime ed una ‘educazione’ a riguardo, che va decisamente sviluppata ed incentivata.
In questo senso, sicuramente degna di plauso, è l’iniziativa del ristorante Frontemare di Quartu Sant’Elena, che per salvare i ricci di mare dalla pesca intensiva e dallo spopolamento, ha elaborato una gustosa provocazione, un nuovo piatto nel menù della casa, dal nome ‘Il riccio è un capriccio’: la serata di presentazione e la degustazione del nuovo ‘piatto’ alla presenza della stampa, è avvenuta ieri 19 dicembre.
Le ‘linguine ai ricci di mare’ (ottime), che i presenti hanno potuto assaggiare, riproducono sapore, profumo e consistenza dei ricci, senza però che questi siano utilizzati nella preparazione; alchimia dello chef Emmanuele Cossu, che è riuscito a ricreare la fragranza del piatto originario, sostituendo la materia prima della polpa dei ricci con un altro ingrediente dal forte sapore di mare che è la cozza (che si coltiva e che quindi è utilizzabile senza alcuna remora), lavorata in crema ed emulsionata con dell’olio evo e l’impiego del tuorlo d’uovo.
Parte del ricavato dalla vendita del piatto che da oggi è in menù al Frontemare, andrà a sostenere la campagna di sensibilizzazione #iRicciMiPiaccionoInMare dell’associazione QuiEtica, che ha già visto aderire numerosi ristoratori decisi a non servire più il prelibato ingrediente.
“Abbiamo voluto lanciare un segnale forte – spiega Giuliano Matta, titolare del Frontemare – che andasse oltre la semplice eliminazione dei ricci dal menu del ristorante e si trasformasse in un supporto concreto a chi, come QuiEtica, aiuta ad accendere i riflettori su un problema di enorme portata. Con l’occasione, grazie al nostro chef, abbiamo anche dimostrato che si può sacrificare l’ingrediente principale senza rinunciare al suo gusto”.
La raccolta fondi attraverso il piatto ‘Il riccio è un capriccio’ permetterà a QuiEtica di finanziare la campagna di astensione dal consumo dei ricci #iRicciMiPiaccionoInMare, durante tutta la stagione, in attesa di vederne regolamentata ulteriormente la pesca; inoltre sarà istituito un osservatorio permanente che coinvolga tutti gli attori in campo ovvero Istituzioni, pescatori, consumatori, ristoratori e università.
L’impegno è importante e Manuela Maninchedda Presidente di QuiEtica, sottolinea anche come vada combattuta la pesca abusiva: ” Un’indagine dell’Università degli Studi di Cagliari ricorda che il ripopolamento viene compromesso anche dal fatto che il 50% dei ricci pescati abbiano una teca di dimensione inferiore alla taglia minima commerciale, ovvero 5 cm, rendendo necessario l’impiego di oltre 1200 ricci per ricavare un kg di polpa ad uso alimentare”.
In progetto, anche la produzione di un documentario sul tema, che racconterà come questa specie sia a rischio anche in altre regioni italiane come Sicilia, Puglia e Campania e in altri Paesi europei che si affacciano sul Mediterraneo.
Alberto Porcu Zanda