“Le solite stronze”, Carlotta Vagnoli, il ritorno in Sardegna con quattro serata. Si comincia domani a Oristano

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Una galleria di ritratti al femminile per Carlotta Vagnoli, in tournée nell’Isola con “Le solite stronze”, lo spettacolo ideato e interpretato dall’eclettica scrittrice e speaker radiofonica, conduttrice de “Il mondo nuovo” su di Radio1 Rai e di “Basement Café”, già collaboratrice di GQ e Playboy.

Dopo il sold out della prima regionale dello scorso ottobre al Teatro Massimo di Cagliari, l’evento è in calendario domani alle 20.30 al Teatro “Antonio Garau” di Oristano, venerdì 7 febbraio alle 20.30 al Teatro Costantino di Macomer e infine sabato 8 febbraio alle 21 al Teatro del Carmine di Tempio Pausania sotto le insegne della Stagione di Prosa 2024-2025 organizzata dal CeDAC / Circuito Multidisciplinare dello Spettacolo dal Vivo in Sardegna

Un viaggio tra eroine della letteratura – da Emma Bovary a Anna Karenina, alla capricciosa e ribelle Catherine Earnshaw di “Cime Tempestose” – e figure iconiche del presente come Michela Murgia: Carlotta Vagnoli – si legge nella presentazione – «porta a teatro un monologo originale che sintetizza il suo punto di vista sul ruolo delle donne nella società attuale, e di come chi non corrisponde allo stereotipo della brava donna “angelo del focolare” sia tacciata di essere una stronza. In un mondo fatto a misura d’uomo, anche essere una stronza diventa una questione di sopravvivenza».

“Le solite stronze” è il titolo ironico e provocatorio di un coinvolgente one-woman-show, con drammaturgia sonora di Francesco Medda “Arrogalla” (produzione Mismaonda) in cui l’autrice di “Maledetta Sfortuna”, “Poverine” e “Memoria delle mie puttane allegre”, e del romanzo “Animali Notturni”, mette l’accento sugli stereotipi e i pregiudizi, eredità di una arcaica civiltà patriarcale, che tendono a imprigionare le donne in definizioni e ruoli marginali in seno a una società (e a una visione) maschilista, fino a legittimare gli abusi e la violenza di genere, che troppo spesso culmina in femminicidio, scambiando l’amore con il possesso e non riconoscendo alle donne gli stessi diritti degli uomini, né pari dignità e libertà.

Si parte dall’infanzia, dalla descrizione di una creatura intelligente, curiosa e perfino temeraria che muove i primi passi nella sua esplorazione del mondo, una piccola donna che non conosce ancora i limiti imposti dall’educazione né i pregiudizi della società e si avventura fiduciosa ma anche conscia dei propri diritti e della propria individualità: Carlotta Vagnoli utilizza le parole della pedagogista e scrittrice Elena Gianini Belotti, autrice del celebre saggio “Dalla parte delle bambine”, per disegnare una civiltà futura senza condizionamenti né discriminazioni di genere, all’insegna dell’eguaglianza e del rispetto dei diritti civili. Un’utopia realizzabile in cui ciascun* possa realizzarsi seguendo le proprie inclinazioni e sviluppando i propri talenti senza dover temere le critiche ingiustificate di chi ritiene che il mantenimento dei ruoli tradizionali sia necessario e imprescindibile per salvaguardare un’idea anacronistica e stereotipata di famiglia.

In un costante e frizzante dialogo con il pubblico, Carlotta Vagnoli sfoglia idealmente le pagine di romanzi e racconti, come di illuminanti saggi, per proporre una comune riflessione sulla realtà contemporanea, tra luci e ombre, progressi e conquiste dell’emancipazione femminile e tentativi maldestri di mettere indietro l’orologio e riportare le donne sotto l’egida del patriarcato. Una mise en scène semplice e essenziale, per una nuova narrazione ispirata ai temi che più stanno a cuore all’artista e attivista toscana, che in “Maledetta Sfortuna” affronta le molteplici manifestazioni della violenza di genere, dal catcalling al revenge porn, dagli abusi fisici e psicologici al femminicidio, insieme a fenomeni inquietanti come il victim blaming, e in “Poverine” mette al centro la storia delle vittime, ribaltando un modello giornalistico che tende, anche per motivi di cronaca, a dare risalto alla personalità e alla voce del carnefice.

Sotto i riflettori, con una cifra ironica che permette di affrontare con leggerezza questioni cruciali del presente e la ben nota verve e simpatia, Carlotta Vagnoli spiega perché nel lessico comune le donne intelligenti e capaci, non sottomesse ma battagliere e determinate, tra cui spiccano intellettuali e artiste ma anché politiche e imprenditrici di successo, rientrino nella singolare definizione da cui prende il nome lo spettacolo: “Le solite stronze” sono, insieme alle eroine di carta che rappresentano una femminilità non angelicata, libera e trasgressiva, non conforme, le creature intraprendenti e volitive che giorno dopo giorno, con il loro impegno e le loro lotte hanno contribuito a cambiare il nostro sguardo sul mondo.

Nel ruolodi moderna affabulatrice, Carlotta Vagnoli analizza figure inventate e reali, si interroga sulle ragioni di una presunta “antipatia” verso le donne che non rientrano in una categoria prestabilita, rivendicano la propria autonomia e fanno valere le proprie idee, dando vita a una pièce coinvolgente e appassionata, che diventa un’occasione per riconoscersi, riscoprire un moderno “alfabeto sentimentale”, combattere le ingiustizie e le discriminazioni, confrontarsi con le proprie fragilità e i propri difetti, e finalmente (re)imparare a pensare.

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