Libri, Mirco Cogotti e il suo primo romanzo. “Mezzo giro di velluto” presentato domani al Teatro Massimo

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Viaggio a Santa Gisa, un piccolo, immaginario, centro della Sardegna sud-occidentale dove vive Ciccitta Lampis, insieme alle figlie Ruth, Ester e Noemi e alla nipote Lia, con “Mezzo giro di velluto” (Effetto – 2022), romanzo d’esordio di Mirco Cogotti, originario di Carbonia, dove ha scoperto l’amore per la letteratura e la sua vocazione per la scrittura, ma residente a Parigi: la parola all’autore, in compagnia dell’avvocata e scrittrice Claudia Rabellino Becce, nell’incontro in programma domani alle 19 nel Foyer del Teatro Massimo di Cagliari, sotto le insegne di Legger_ezza 2023, il progetto di Promozione della Lettura a cura del CeDAC / Circuito Multidisciplinare dello Spettacolo dal Vivo in Sardegna – giunto alla sua quinta edizione e realizzato in collaborazione con la Libreria Edumondo – con un focus sui temi cruciali del presente attraverso i libri.

Un affascinante ritratto di famiglia che rimanda, attraverso i nomi dei personaggi e le situazioni variamente intricate, tra segreti e i misteri, legami di sangue e forti passioni, alle atmosfere di “Canne al Vento”, il capolavoro di Grazia Deledda incentrato sulle vicende delle sorelle Pintor con il fido servo Efix: “Mezzo giro di velluto” si apre in medias res, con l’annuncio della morte della matriarca, le cui doti di “bruxia” (donna sapiente o maga) sono conosciute e apprezzate fin nel cuore della Barbagia.

La notizia dolorosa e inattesa della grave perdita colpisce sul piano affettivo e simbolico le quattro donne, ormai prive di lacrime, dopo che una tragedia si è abbattuta sulla loro casa con il suicidio di Alessandro, il figlio di Ruth, il cui corpo è stato ritrovato in circostanze alquanto singolari presso “sa domu de sa stria” (ovvero “la casa della strega”), una dimora antica circondata da una fama sinistra.

Un omaggio alla scrittrice nuorese vincitrice del Premio Nobel, cui Mirco Cogotti fa riferimento per raccontare una storia ambientata in epoca moderna, in una cittadina di provincia dove il tempo, in un certo senso, sembra essersi fermato: le protagoniste sono Ruth, imprigionata nel suo dolore con i suoi tentativi di riascoltare la voce del figlio, Ester che con il suo stipendio di insegnante si trova a dover mantenere tutta la famiglia e Noemi, ansiosa di riaprire il suo ristorante, chiuso dai carabinieri del NAS, con la speranza di poter contribuire anche lei al ménage e rilanciare la sua carriera professionale.

Lia giovane e annoiata, perso l’interesse per gli studi e il gusto per la lettura, si rifugia nelle telenovelas e nelle trasmissioni televisive, mentre vagheggia di trovare un lavoro; ma per il momento, come per molti suoi coetanei, l’auspicata emancipazione resta un miraggio, un’intenzione, quasi un sogno nel cassetto.

La voce narrante che conduce il lettore nella mente e nel cuore dei personaggi è proprio quella di Ciccitta Lampis: come immersa in una visione o in un’esperienza extracorporea, mentre giace distesa sul letto con indosso il tradizionale ed elegante costume sardo, assiste all’arrivo della nipote e alla triste scoperta, poi alla celebrazione dei riti, in tono minore date forse le esigue capacità oratorie del parroco ma soprattutto la sua ben nota attività di “bruxia” in grado di cancellare ma anche lanciare il malocchio, di preparare filtri d’amore e compiere insomma quegli atti magici in conflitto con i dettami della chiesa.

Una accurata ricostruzione degli eventi, dall’arrivo di una lettera in una busta gialla (“che brutto colore”) alla lettura del testamento, all’arrivo di un libraio parigino con tanto di contratto già firmato per l’affitto del vecchio atelier dove, insieme con la compianta Peppicca, sua zia e cognata della madre, Ruth cuciva gli abiti raffinati e preziosi con cui gli abitanti del paese si accingevano a compiere l’ultimo viaggio.

Un’attività remunerativa bruscamente interrotta alla morte del figlio e mai più ripresa, mentre la donna inconsolabile continua a cercare il modo di mettersi in contatto con il regno dei morti, isolandosi sempre più e allontanandosi dai suoi cari; quanto al marito di Ruth, Efisio Carta, un pescatore che per principio rifiuta il sussidio dovutogli per ribellarsi alla presenza delle basi e dei poligoni militari, rivendicando il diritto di poter andare a pescare tutto l’anno, oltre al fastidio e alle prese in giro dei concittadini, ha rimediato ben poco con la sua decisione di rinunciare a quel denaro, anzi dopo la scomparsa della suocera si ritrova praticamente a carico della cognata.

Infatti la pensione di Ciccitta Lampis era fondamentale per l’economia familiare e senza di lei, oltre al dolore del lutto, i parenti devono fare i conti con un bilancio a dir poco precario e se anche ciascuno s’ingegna di guadagnare qualcosa, l’unica entrata certa resta proprio lo stipendio di Ester, e forse l’affitto dell’atelier trasformato in libreria.

Il romanzo prosegue tra nuove rivelazioni e imprevisti: Mirco Cogotti, che ha al suo attivo anche studi sulla settima arte e sulla produzione multimediale, procede con una tecnica quasi di montaggio alternato, raccontando in parallelo fino a farle convergere le vicende dei singoli personaggi, e privilegiando un punto di vista “classico”, quello del narratore onnisciente in grado di conoscere non solo le azioni ma perfino stati d’animo, pensieri e emozioni di tutti i personaggi (o almeno di quelli che le stanno più a cuore, come la nipote Lia), ovvero la matriarca che veglia sulle sorti della sua famiglia.

Il romanzo propone anche un vivido affresco di vita paesana, dove tutti sanno (o credono di sapere) tutto di tutti, e ogni evento viene analizzato, commentato e giudicato secondo i parametri di un’antica saggezza popolare: in tutto quel parlare, e sparlare, sono molte più le supposizioni dei fatti accertati, e fantasiose invenzioni fanno da schermo alla verità.

Quando fa la sua comparsa Giorgio Albert con la sua folle idea di aprire una libreria a Santa Gisa, dove ci sono pochi o punti lettori, quindi un’impresa destinata al fallimento i pareri sono pressoché unanimi, perfino l’avvocato consiglia alle eredi di Ciccitta di lasciar fare al tempo il suo corso, che tanto ben presto si libereranno di quell’inquilino inatteso e potranno procedere con la vendita, senza incorrere in ulteriori dispendi di denaro.

E così l’edificio al numero venti della via principale «si farà crocevia di romanzi e di tradizioni perdute che non solo ricorderanno alle Lampis quanto della loro storia abbiano messo da parte, ma faranno soffiare impetuoso il vento del cambiamento su una comunità che ha dimenticato sé stessa» – si legge nella presentazione –. «A centocinquanta anni dalla nascita di Grazia Deledda, “Mezzo giro di velluto” omaggia le atmosfere e i personaggi di “Canne al vento”, raccontando con un tocco di realismo magico il velo sottile che separa la vita e la morte».

Nato a Carbonia nell’estate di qualche anno fa, Mirco Cogotti ha trascorso l’infanzia e l’adolescenza in Sardegna, dove ha iniziato a coltivare la passione per i libri e la scrittura. Viaggiatore compulsivo, ha completato i suoi studi in cinema e produzione multimediale tra Italia, Stati Uniti e Francia. Da circa dieci anni risiede a Parigi. Mezzo giro di velluto è il suo primo romanzo.

Il prossimo appuntamento con Legger_ezza 2023 del CeDAC Sardegna in collaborazione con la Libreria Edumondo, giovedì 29 giugno alle 19 vedrà protagonista Stefania Marongiu che presenterà “La parte della memoria. Storia privata di Saverio Tutino” (Alcatraz Edizioni, 2023) in un dialogo con Giacomo Casti.

Ingresso gratuito (fino a esaurimento posti)

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