“Non mi arrendo, anche se questo dannato incidente mi ha portato via una gamba, sono io il più forte”: questo è quello che Lino Cianciotto nel 2013, ha pensato appena un attimo dopo che una ‘pietrolina’ di quasi una tonnellata gli è finita addosso.
Era una domenica un pò piovosa, quel lontano 3 febbraio 2013, Lino Cianciotto in compagnia del collega Pierpaolo Putzolu anche lui guida turistico-ambientale, era in escursione con 28 persone nella zona di Malfidano, nel Sulcis minerario.
Nulla faceva presagire ciò che invece intorno alle 16:00 sarebbe accaduto in un attimo: lungo un sentiero, tra i cespugli un blocco di calcare si stacca dal terreno e finisce sulla gamba di Lino.
Nonostante la gamba maciullata ed il dolore tremendo, Lino si preoccupa che nessuno degli altri abbia subito danni; tutti salvi escluso lui … poi arriveranno i soccorsi e subito dopo compresa la cruda realtà, la decisione lucida dello stesso Cianciotto che è meglio amputare, per imboccare una nuova vita, che sia però vita ‘vera’ come lo era stata fino a quel momento.
Ebbene, quel pensiero … mai arrendersi, da quel momento si è tramutato in una sorta di parola d’ordine che ispira ormai interamente la vita di Lino Cianciotto. Da qui, occorre partire per capire il libro Una Guida in Gamba. Lo spiega direttamente l’autore che ho personalmente incontrato alla Mediateca del Mediterraneao di Cagliari per una breve intervista.
“L’idea del libro – spiega Cianciotto – l’avevo già da un po’, poi lo scorso autunno ci siamo visti con Aldo Brigaglia e l’editore Enrico Spanu; insomma, volevo spiegare come è diventata la mia vita dal 2013; in realtà avere una gamba in meno non è certamente cosa da poco, tuttavia la mia esistenza non si è tanto modificata”.
“Piuttosto – sottolinea l’autore – il piacere è quello di raccontare tutta una serie di episodi vissuti dopo l’incidente, paragonandoli al mio passato, cioè tutto quello che, come avventure ed esperienze a contatto con la natura, avevo fatto già prima”.
Oggi, chi leggerà il libro – soggiunge Lino Cianciotto – saprà che ho effettivamente un arto in meno, ma che non ho perso minimamente la voglia di godere di tutte le attività che facevo prima, senza nessuna differenza con allora, a contatto con i sentieri del Sulcis, il mio mare, le mie montagne.
Racconta Cianciotto che i primissimi giorni di ospedale all’ospedale Brotzu sono stati duri e come sia arrivato alla decisione drastica di insistere e volere lui stesso l’amputazione della gamba … “i medici erano d’eccellenza, il personale era gentilissimo, mi aiutava a lavarmi, ma io volevo far da solo per dimostrare a me stesso che potevo farcela autonomamente; il morale era alto e non avevo versato una lacrima, ma quella gamba non la volevo più, mi era ingombrante”.
“Ero sicuro – prosegue Cianciotto – che in quelle condizioni non sarei più riuscito a fare quello che avevo fatto sino a quel momento. Io volevo tornare quello di prima e poi c’era il rischio che dalla gamba in quelle condizioni partissero infezioni al resto del corpo”.
Tagliare, la decisione è ormai presa e adesso viene il dopo.
Alla domanda di come sia stato il periodo della riabilitazione, Cianciotto risponde con leggerezza che, a parte le quattro settimane di ricovero iniziali, poi i tempi sono stati – tutto sommato – abbastanza veloci: “Più che altro, la seccatura è che dovevo andare al Centro Protesi di Vigorso di Budrio, prendere il calco, provare l’arto artificiale; poi c’è il fatto che io volevo viaggiare in autonomia e invece mi sono scontrato con norme burocratiche insormontabili; in aeroporto mi hanno imposto la sedia a rotelle, avevo le stampelle e potevo benissimo salire con quelle sull’aereo e invece no”.
“Poi – soggiunge – appena arrivato al centro Inail di Vigorso di Budrio, la signorina dell’accettazione prima non vuole credere che ho viaggiato da solo, poi mi fissa un colloquio con uno psicologo, perchè mi spiega … è la prassi”.
“Comunque – osserva Cianciotto – non mi posso lamentare, otto mesi dopo l’operazione di amputazione ero già in attività guidando una escursione in Sardegna del Club Alpino di Arenzano”. Tempi di recupero così ristretti (n.d.r.) va sottolineato, ottenuti grazie agli allenamenti quotidiani in palestra ed alle camminate sui sentieri della Sardegna ed anche (nell’immediato del percorso riabilitativo) sugli Appennini romagnoli.
Il libro spiega attraverso gli episodi raccontati, come la disabilità possa essere gestita positivamente, se davvero si dimostra animo forte e determinazione per combatterla. Saggiamente bisogna vedere il bicchiere mezzo pieno: “D’altronde – osserva l’autore – quella sera se il masso mi avesse solo sfiorato sarebbe stato perfetto, ma in realtà sarebbe potuta andare pure peggio, con la conseguenza che forse non sarei qui a parlarne”.
Essere testimonial della disabilità sentendosi diversamente disabile, è l’obiettivo del libro che lancia un messaggio incoraggiante di inclusione e di resilienza: “Perchè un incidente come il mio – sostiene Lino Cianciotto – può accadere a tutti; ebbene, io mi sono ancorato alle mie passioni, agli sport che facevo e che oggi continuo a fare”.
“Queste sono state le mie armi, con queste ho ripreso in mano la mia vita; l’augurio che mi faccio, è di poter continuare a fare tante altre esperienze future in compagnia di amici, in questa nostra bellissima isola di Sardegna”.
Alberto Porcu Zanda