In Ungheria lo chiamano “il piano Soros”, il progetto di ricollocazione degli immigrati giunti in Europa, per quote Paese. Un piano che, secondo Gergely Gulyás, uno dei leader
di Fidesz, il partito di maggioranza, “va contro gli interessi nazionali ungheresi e la volontà dei cittadini”.
Questo è il motivo per cui, con il 95% dei voti a favore, il Parlamento di Bucarest ha bocciato la decisione di Strasburgo del 16 novembre scorso, di revisione del Trattato di Dublino a favore della ricollocazione dei migranti in Europa.
Questo alla vigilia dell’incontro tra il Premier italiano Gentiloni e i ministri del Gruppo Visegrád (Ungheria, Polonia, Rep. Ceca, Slovacchia), proprio su questa questione.
Il braccio di ferro riguarda il cosiddetto “criterio del primo ingresso” che fino ad ora è stato applicato imponendo l’obbligo di ospitalità dei migranti e la valutazione dell’eventuale status di protezione internazionale, a carico dei paesi di arrivo degli immigrati; quindi, in primis, Italia, Grecia e Spagna.
La decisione del Parlamento europeo del novembre scorso, punta a modificare il criterio imponendo quote obbligatorie per il trasferimento dei richiedenti asilo a tutti i paese UE in percentuale al proprio Pil e alla popolazione nazionale.
E ciò a cui si oppone proprio il blocco dei Paesi orientali, rafforzati anche dalla recente presa di posizione del Presidente della Commissione Europea, il polacco Tusk ritenuto fino a qualche tempo fa un europeista convinto, che ha definito il piano di ricollocamento “inefficace e distruttivo”
Nell’incontro con Gentiloni, i ministri del Visegrád hanno deciso un investimento di 35 milionidi euro per il Fondo Fiduciario per l’Africa, con il quale l’Italia sta gestendo progetti di aiuto in Libia e Niger. Ma nessuna concessione sulla questione migranti in Europa.
Contro Soros
L’Ungheria guida la rivolta contro l’immigrazione incontrollata in Europa, in nome degli “interessi e della sicurezza del popolo ungherese”, come ha dichiarato il ministro degli esteri, che ha aggiunto: “i nostri concetti di nazione, di rispetto dell’identità, di protezione dei confini e di sicurezza sono totalmente diversi da quelli di Bruxelles”.
Per l’Ungheria, l’attuale esodo immigratorio favorito dalle politiche di accoglienza dell’UE e che sta cambiando l’orizzonte demografico e culturale dell’Europa, non è una casualità storica, ma un piano preciso di destabilizzazione degli Stati nazionali voluto da centri di potere tecnocratico e mondialista.
In questo ottica s’inserisce la guerra che il governo ungherese di Orban ha iniziato contro il finanziere George Soros ritenuto, non a torto, il principale ispiratore dei processi e delle decisioni politiche che spingono ad agevolare l’immigrazione incontrollata in Europa; immigrazione oltretutto, prevalentemente islamica che punta a produrre conflitti sociali, culturali, ulteriori crisi economiche finalizzate all’imposizione di legislazioni più autoritarie e liquidazioni delle sovranità democratiche