«Mafia, mafia e sempre sta mafia!». Parole uscite dalla bocca del padrino Francesco Messina Denaro. Furono ascoltate da uomini di onore ai quali don Ciccio affidò di fare eseguire la condanna a morte del giornalista e sociologo Mauro Rostagno.
Era la sera del 26 settembre del 1988 a Trapani, quando un commando mafioso, composto da tre killer, colpì a morte Mauro Rostagno. Qualche colpo di pistola alle spalle mentre Rostagno stava tornando alla comunità Saman, alla guida della sua Duna bianca, dopo essere uscito dalla sede di Radio Tele Cine.
Veniva ucciso così, 30 anni fa, un uomo in prima fila nel contrasto alla mafia e soprattutto alla cultura mafiosa.
Dietro l’uccisione di Mauro Rostagno c’era il suo «esemplare lavoro giornalistico» che aveva sollevato il velo sulla ragnatela di interessi di Cosa nostra a Trapani. Il sigillo sulla matrice del delitto è arrivato con le sentenze di condanna degli esecutori materiali.
Ci sono voluti quasi 26 anni per arrivare alla condanna di primo grado ed ora, e dopo 30 anni, ancora non sappiamo chi ha sparato, ma sappiamo che la Mafia ha ucciso, che il boss Vincenzo Virga, è il mandante dell’omicidio.
Rostagno fu ucciso mentre si apprestava a raccontare in tv gli affari di mafia e massoneria. Cosa nostra evitò con la sua morte un corto circuito che avrebbe potuto renderla finalmente violabile. Oggi è vero che tante cose sulla mafia trapanese si conoscono. Si è svelata la sua organizzazione militare. Ma la mafia non è stata sconfitta. Potrà esserlo quando sarà debellata anche quella economica e politica, violata ma non colpita a morte.