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Meloni e von der Leyen in visita a Lampedusa: migranti sfida epocale che richiede una risposta europea

Lampedusa, dichiarazioni Meloni - von der Leyen

Giorgia Meloni ha portato Ursula von der Leyen a Lampedusa, emblema delle difficoltà italiane a gestire l’ondata di sbarchi. “L’Italia può contare sull’Ue”, promette la presidente della Commissione, prospettando una “risposta coordinata” alla sfida migratoria, declinata per ora in un piano in 10 punti, fra cui ci sono rimpatri più veloci, corridoi umanitari per l’immigrazione legale, e soprattutto la valutazione di nuove missioni navali. Riavviare un’operazione militare di sicurezza marittima come l’incompiuta Sophia è proprio quello che Roma vuole e chiederà formalmente al prossimo Consiglio europeo, dove la premier ora conta sulla sponda di “tanti leader molto sensibili”. Incluso Emmanuel Macron, il presidente francese oggetto degli strali lanciati un paio d’ore più tardi da Matteo Salvini e Marine Le Pen a Pontida.

Intanto la premier vede i frutti della “rivoluzione copernicana” imposta dal suo governo e sopravvissuta alla “strategia” della sinistra italiana ed europea che vuole “smontare la sua tela di Penelope”.

In molti parlano di “svolta” dopo le tre ore di visita sull’isola, dove l’hotspot è sovraffollato e l’esasperazione della popolazione ha portato anche a bloccare il convoglio della premier. I lampedusani pretendevano un impegno dall’esecutivo, e l’esecutivo se lo aspettava da Bruxelles. Alla fine della giornata tutti sembrano soddisfatti, in attesa che le parole si traducano in iniziative concrete. Le prime sul fronte interno passeranno dal Consiglio dei ministri convocato alle 12.30. “Estenderemo al massimo consentito dalle regole europee”, ossia 18 mesi, “il trattenimento ai fini del rimpatrio di chi arriva irregolarmente in Italia” ribadisce Meloni, precisando che “donne e minori di 14 anni vanno trattati a parte” rispetto ai “meno fragili”. 

Confermato, poi, il “mandato al Ministero della difesa di attivarsi immediatamente per realizzare le strutture necessarie”, ossia nuovi Cpr oltre a quelli già presenti in dieci regioni. L’idea, confermano fonti di governo, resta quella di inserire le novità in un emendamento al cosiddetto decreto legge Caivano, appena approdato in Senato. 

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