La notte scorsa la Polizia di Oristano, congiuntamente al personale del Comando Provinciale della Guardia di Finanza, su delega della Procura della Repubblica del Tribunale di Reggio Emilia, ha arrestato L.N. classe 1979, noto “imprenditore” di origini calabresi, ma da tempo residente ad Oristano, che negli ultimi anni ha aperto e chiuso diverse attività commerciali.
Gli uomini della squadra mobile, unitamente agli investigatori delle fiamme gialle, hanno contestato all’uomo i reati di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di reati di natura finanziaria, infatti, mediante prestanome, aveva aperto alcune società “cartiera”, che producevano fatture fasulle ed altre carte contabili per frodare ed eludere il fisco.
L’operazione si inserisce nel contesto di una più ampia operazione delle Forze dell’Ordine, che ha visto coinvolti oltre 250 operatori della Polizia di Stato e della Guardia di Finanza, i quali, su delega della Procura della Repubblica del Tribunale di Reggio Emilia, hanno dato esecuzione, in tutta Italia, a 51 misure cautelari personali, di cui 22 detentive, nonché a 106 misure cautelari reali, per circa complessivi 24 milioni di euro, emesse dal G.I.P. del Tribunale reggiano.
L’attività d’indagine denominata “Billions”, ha permesso di scoprire un’associazione a delinquere, composta da 49 soggetti, specializzata nell’offrire, in via “professionale”, “servizi” di emissione di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti, per consentire alle imprese beneficiarie l’abbattimento dei propri redditi imponibili, con realizzazione di svariati delitti in materia tributaria: emissione ed utilizzo in dichiarazione di fatture false, occultamento della documentazione contabile e omessa dichiarazione dei redditi.
Gli investigatori, attraverso le intercettazioni telefoniche ed ambientali, i servizi di osservazione e pedinamenti, l’analisi dei flussi finanziari e l’approfondimento di segnalazioni per operazioni sospette, sono riusciti ad individuare una struttura associativa particolarmente complessa, dedita anche al riciclaggio di denaro all’estero, all’autoriciclaggio e alla commissione di reati di bancarotta fraudolenta.
La presunta associazione a delinquere smantellata, era composta in modo estremamente strutturato: al vertice vi erano i Capi che coordinavano dieci cellule operative, che potevano contare di società di comodo (delle vere e proprie cartiere) per la emissione di fatture per operazioni inesistenti, di “prelevatori” professionali di denaro da sportelli bancomat e procacciatori di soggetti economici interessati ad ottenere servizi finanziari illegali.
Al gradino più basso dell’organizzazione, vi era una folta schiera di “prestanome”, titolari di una miriade di società “cartiere”, che non avevano alcuna struttura aziendale e che servivano solo per “produrre” fatture false.
Eloquente, a tal proposito, una conversazione captata dagli inquirenti, tra due indagati che scherzando si chiedevano ironicamente che cosa producessero le loro società, rispondendosi che “producono soldi”.