Oristano, Piangere, la nuova opera di don Giuseppe Pani

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Pubblico delle grandi occasioni, nella sala conferenze del Centro Diocesano di Teologia, per la presentazione dell’ultimo libro di don Giuseppe Pani, scritto a quattro mani con Salvatore Cipressa ed edito dalla Cittadella Editrice.

Alla presentazione sono intervenuti Monsignor Roberto Carboni, Arcivescovo di Oristano, don Roberto Caria, direttore del Centro diocesano di teologia, la prof. Luciana Putzolu, docente nell’Istituto di Istruzione Superiore Mariano IV e il restauratore dott. Raffaele Cau. Ha dialogato brillantemente con l’autore Sabrina Sanna, docente nell’Istituto di Istruzione Superiore S. A. De Castro.

Nella Chiesa ci sono varie vocazioni, compresa quella del sacerdote docente, teologo e scrittore. Vocazione fondamentale nel contesto ecclesiale”, ha esordito Monsignor Carboni. L’Arcivescovo di Oristano ha offerto una meditazione, con linguaggio semplice e immediato, sulle tre volte in cui il Nuovo Testamento ci mostra Gesù in lacrime.

Sabrina Sanna ha chiesto a don Pani: “Le lacrime rappresentano la vita? Oppure sono esclusivamente la manifestazione della nostra precarietà?”.

Don Pani ha risposto che la sua scrittura si è ispirata al movimento dell’acqua: l’osservazione del mare, dei fiumi, della pioggia ha impregnato ogni riga del testo. Ha poi aggiunto: “Con il pianto ci abbandoniamo alla vita. Quando pensiamo che non ci sia più nessuno, che non ci sia più niente, proprio in quel momento scoppiamo a piangere. Un abbandono che non è resa. Dobbiamo lasciare che il pianto ci riconduca a noi stessi, alla nostra umanità. Meglio fidarci della traccia delle lacrime. Il linguaggio degli occhi non è la vista ma la lacrima. Quando piangiamo significa che siamo vivi”.

Il primo sguardo di Gesù – scrive don Pani – non si rivolge al peccato, ma alle lacrime altrui: propone ai suoi apostoli una spiritualità dagli occhi aperti e del prendersi cura. Le lacrime sono “gocce in movimento” che appartengono alla miseria dell’umano, portano gli occhi non a chiudersi, ma ad aprirsi misticamente: La lacrima ha origine nel corpo, scorre dal corpo, ma non fa esattamente parte del corpo. È carne prediletta dall’anima, o anima corteggiata dalla carne”.

Un libro sul pianto è certamente un contributo all’antropologia, alla teologia, alla psicologia, alla sociologia, alla filosofia della vita, ma bisogna anche riconoscere, con estrema umiltà, che è come la punta di un iceberg che rivela ben poco della complessa, vulnerabile, contraddittoria e, al tempo stesso bella, affascinante e intrigante condizione umana”, evidenzia il coautore  Salvatore Cipressa.
“Nella Sacra Scrittura, le lacrime non sono mai cristallizzate – scrive ancora don Pani – non abitano in un’acqua stagnante priva di corrente; sono, invece, “gocce in movimento” che scorrono quando siamo sopraffatti dal dolore o dalla gioia: irrigano i nostri volti muti o urlanti, inondano i nostri momenti di gioia, tracimano dalle guance evocando in noi, attraverso il loro flusso, sempre l’oltre”. Dalla presentazione del libro di don Pani è emerso che piangere è un’esperienza che attraversa e accompagna l’esistenza di ogni persona. Seguendo le tracce delle nostre lacrime, esploriamo un paesaggio nel quale si intrecciano momenti inaspettati e sorprendenti, situazioni dolorose o sovrabbondanti di gioia che segnano i nostri volti. Piangere significa gridare ed esultare, invocare e lamentarsi, pentirsi e gioire. Le nostre lacrime raccontano di noi stessi e di quel Dio che le ha condivise di persona e le considera così preziose da raccoglierle tutte con tenerezza.
Il libro “Piangere” fa parte della collana “I riti del vivere”. La collana che, intrecciando antropologia, teologia e liturgia, fotografa – attraverso un verbo – i riti “quotidiani” della nostra vita.

Gian Piero Pinna

 

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