I giochi sono fatti, ma non accennano a diminuire le tensioni all’interno del Pd. Il partito è una pentola a
pressione alle prese com’è con rifiuti eccellenti (Gianni Cuperlo), ripescati miracolosi (Claudio De Vincenti) e polemiche incandescenti (tutta la minoranza interna, Andrea Orlando su tutti). Del resto, era immaginabile dopo la direzione disertata da tutti i capibastoni in segno di protesta contro la decisione di Matteo Renzi di decidere le candidature praticamente da solo.
Orlando è l’unico ministro senza collegio
«Dove ero candidato l’ho scoperto alle 4 del mattino», polemizza a margine di un convegno delGarante dei detenuti il Guardasigilli Orlando lamentando il fatto di essere che lui l’unico ministro a correre solo nel proporzionale. «Ho letto che questa sarebbe una punizione per il mio mancato impegno al referendum, mi auguro che qualcuno lo smentisca perchè questa sarebbe una cosa non rispettosa del pluralismo. Io sono stato uno dei ministri che ha fatto più campagna per il referendum costituzionale», ha aggiunto l’esponente del Pd non senza aver prima sottolineato: «Pensavo di poter essere utile anche in un collegio uninominale in cui dare un contributo».
«Il leader non offenda l’intelligenza altrui»
Lo sfogo di Orlando dà voce alla folta schiera di dissidenti creata dalle ultime scelte del leader. Che il Pd si stia trasformando nel sempre annunciato PdR (partito di Renzi), cioè in un’accolita di fedelissimi del capo, è un’evidenza che solo in pochi ormai si ostinano a negare. L’obiettivo è di disporre in larghissima misura dei gruppi parlamentari di Camera e Senato in vista di un dopo-elezioni mai così carico di incognite come adesso. Le elezioni premono, ma Orlando non sotterra l’ascia di guerra: «Renzi – attacca – cita la candidatura di Siani (Paolo, fratello di Giancarlo, il giornalista ucciso dalla camorra negli anni ’80, ndr) a Napoli. Il segretario non offenda l’intelligenza altrui, il fatto che un solo candidato non sia renziano non significa nulla».