Parma. Si è conclusa nella mattinata odierna – con l’esecuzione di cinque misure di custodia cautelare e la denunzia a piede libero di ulteriori 13 responsabili – l’“Operazione “CocktOIL” che ha consentito di
smantellare un’associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di prodotti petroliferi
ed alla commissione di plurimi reati tributari e fallimentari. Le indagini, durate ben due anni, sono state condotte sotto il coordinamento e la direzione della Procura della Repubblica di Parma, dalla Compagnia della Guardia di Finanza di Parma e dall’ Ufficio delle Dogane di Parma.
L’attività investigativa, eseguita anche mediante l’ausilio di attività tecniche, ha permesso di
ricostruire le complesse attività fraudolente poste in essere da un sodalizio criminale che operava
tramite due distinti impianti di distribuzione di prodotti petroliferi gestiti da altrettanti consorzi di
autotrasporto di merci su strada con sede a Fontevivo (PR). Oltre a ciò, l’organizzazione illecita
poteva contare – nel resto del territorio nazionale – su altri soggetti con compiti e ruoli ben definiti.
Il fenomeno illecito ricostruito dagli inquirenti si è concretizzato nell’introduzione nel territorio
nazionale di prodotti energetici classificati come “oli lubrificanti”, fiscalmente assoggettati alla sola
imposta di consumo, ma di fatto utilizzabili anche per l’autotrazione alla stessa stregua del gasolio
che, tuttavia, per lo specifico uso, sconta il pagamento sia dell’IVA che delle accise, con
un’incidenza sul prezzo finale di circa il 70%.
I meccanismi di frode posti in essere dall’organizzazione, al fine di sottrarre i prodotti
all’imposizione e sfuggire ai controlli dell’Amministrazione Finanziaria, si sono progressivamente
evoluti negli anni. Nell’arco di tempo compreso tra il 2014 ed il 2015, i due consorzi hanno operato – tramite intermediari commerciali di comodo – acquistando partite di olio lubrificante in diversi Paesi
comunitari, in genere dell’Europa centro-orientale, dove tale prodotto non è assoggettato ad
imposta di consumo.
La merce raggiungeva l’Italia in regime di “transito”, scortata da documenti, non monitorati dal sistema comunitario, che attestavano una fittizia destinazione in un altro Paese dell’Unione (in
genere Grecia, Cipro e Malta).
Giunto in Italia, il conducente dell’autocisterna riceveva dall’organizzazione un falso Documento di
Accompagnamento Semplificato (DAS), da cui risultava un trasporto di gasolio nonché, quale
provenienza e destinazione, due vere e proprie società “cartiere”, di fatto inesistenti.
Il prodotto raggiungeva così il sito industriale di Fontevivo, ove veniva scaricato ed immesso in
consumo in completa evasione di imposta, con la conseguente alterazione del mercato e delle
regole della corretta concorrenza. Per regolarizzare la contabilità, erano poi adottati vari espedienti, tra i quali l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti emesse da società “cartiere” compiacenti nonché l’annotazione e la conservazione dei DAS falsificati.
A partire dal 2015, per ridurre i rischi derivanti dai molteplici passaggi intermedi, l’associazione ha
modificato il meccanismo illecito alla base del sistema di frode, provvedendo a rifornirsi di partite
di olio lubrificante, del tipo SN80, direttamente presso raffinerie nazionali.
Il prodotto, formalmente, era acquistato tramite la fittizia intermediazione commerciale di società
dell’est Europa e destinato ad altri operatori dell’Unione Europea, così da legittimare l’estrazione
dalla raffineria senza versamento dell’imposta di consumo né addebito dell’IVA in fattura.
Tuttavia, anche in questo caso, l’olio – scortato da un semplice documento di trasporto non
monitorato telematicamente a livello comunitario – anziché uscire dal territorio dello Stato veniva
dirottato a Fontevivo ed immesso in consumo illecitamente.
Le indagini hanno permesso di accertare che l’associazione criminale ha immesso
fraudolentemente in consumo circa 5,4 milioni di litri di prodotto energetico, evadendo circa 7
milioni di euro per quanto concerne le Imposte Dirette, l’IVA e l’IRAP, nonché 5 milioni di euro
di accise.
L’associazione, inoltre, si è resa responsabile del fallimento di uno dei due consorzi coinvolti, con
il precipuo scopo di non assolvere agli oneri tributari e sottrarsi al pagamento di quanto dovuto.
Le cinque ordinanze di custodia cautelare agli arresti domiciliari, emesse dal Giudice per le
indagini preliminari del Tribunale di Parma su richiesta della Procura della Repubblica, sono state
eseguite dalle Fiamme Gialle nei confronti dei principali responsabili del sodalizio, tutti di
nazionalità italiana, residenti tra Parma e la Lombardia e gravati da numerosi precedenti penali,
anche specifici.
Ulteriori 13 persone, con ruoli minori nell’illecita attività, sono state denunciate a piede libero.
Gravi i reati contestati: associazione a delinquere finalizzata alla sottrazione al pagamento delle
accise sugli oli minerali ed alla commissione di reati tributari e fallimentari, emissione ed utilizzo di
fatture per operazioni inesistenti e falsificazione di documenti.
Tre società ed i relativi complessi aziendali sono stati sottoposti a sequestro preventivo.
Nei confronti di cinque degli indagati è stato inoltre operato il sequestro, finalizzato alla confisca
per equivalente, di beni e disponibilità finanziarie per un importo complessivo pari a circa 3,5
milioni di euro.
L’operazione appena conclusa è senz’altro indicativa del costante impegno profuso dalla Guardia
di Finanza e dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli nel contrasto dei fenomeni fraudolenti
perpetrati nello specifico settore, con la duplice finalità di tutelare la pretesa erariale e di
preservare la correttezza del mercato.