Pensioni, manovra capestro, trombati migliaia di lavoratori

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La montagna ha partorito un topolino e per giunta pieno di pulci. Questo in sintesi il risultato dei proclami in campagna elettorale contro la Legge Fornero. Il cavallo di battaglia della Lega non solo è stato disarcionato ma è caduto pesantemente sulla groppa di decine di migliaia di lavoratori. Per questi lavoratori in procinto di andare in pensione è stato come una visita prostatica con un medico con le dita da muratore. Del resto c’era da aspettarselo da un governo guerrafondaio che manda gli F16 per bombardare all’estero e sa usare chirurgicamente o, a piacimento, a tappetto gli F24 contro il proprio popolo.

Non bisogna essere dei tecnici per capire che la nuova quota 103 penalizzata, che riduce l’assegno quasi alla soglia di povertà, è una misura impossibile per la maggior parte degli aventi diritto. Non è certo una strada accessibile a chi ha visto il mutuo raddoppiato, non è accessibile alle famiglie monoreddito e a quelle con figli maggiorenni disoccupati, ecc.. Quota 103 in questo modo è stata partorita solo per dire “abbiamo mantenuto le promesse”, mi dispiace ma così non funziona. Il risultato purtroppo sarà quello di continuare ad avere una classe lavorativa vecchia, stanca e sopratutto demotivata.

Ed è deludente che non esistano alternative, l’opposizione ha accantonato già da diversi anni i lavoratori per mettere al primo posto lo jus soli ed altre battaglie simili

Ma passando ai fatti la proroga di quota 103 con le penalizzazioni inserita nella presentazione ufficiale del disegno di legge di bilancio per il 2024 segna un peggioramento totale del sistema pensioni.

Ecco le principali novità

Quota 103

La misura centrale è la proroga di un anno di «Quota 103» (62 anni e 41 anni di contributi). Tuttavia chi aderirà nel 2024 avrà l’assegno decurtato due volte:

  • L’intera pensione sarà calcolata con il sistema contributivo e non più con il sistema misto cioè vale a dire con il sistema retributivo sulle anzianità acquisite sino al 31 dicembre 1995 (31 dicembre 2011 se sussistono almeno 18 anni di contributi al 31.12.1995). Un furto di stato. Salta in extremis la norma che avrebbe imposto anche il cd. «doppio calcolo»;
  • La misura dell’assegno, come sopra calcolato, non potrà risultare superiore a 2.272€ euro lordi al mese (cioè quattro volte il trattamento minimo Inps) sino al compimento dell’età di 67 anni (chissà) in luogo delle cinque volte attuali (cioè 2.840€).

Cambiano, inoltre, le finestre mobili, cioè il tempo di attesa che deve trascorrere tra la maturazione dei requisiti (62 anni e 41 anni di contributi) e la percezione del primo rateo pensionistico. Rispetto agli attuali tre mesi (sei mesi per i dipendenti pubblici) l’attesa sale a sei mesi anzi a sette mesi e a nove mesi per i dipendenti pubblici.

Per il resto l’impianto della misura è lo stesso dell’attuale Quota 103. Confermato, in particolare, l’incentivo al posticipo al pensionamento cioè la facoltà per l’assicurato di optare per la corresponsione in busta paga della quota di contribuzione IVS a suo carico (di regola il 9,19%). Restare al lavoro e prendere l’incentivo non modifica però la futura la pensione che resterà cristallizzata alla situazione pre-incentivo e calcolata col sistema contributivo

OD

 Opzione Donna viene confermata con le restrizioni attuali (cioè solo caregivers, invalidi 74% e disoccupate) a condizione che siano stati raggiunti 61 anni  (ora 60 anni) e 35 anni di contributi al 31 dicembre 2023. Restano le riduzioni di un anno del requisito contributivo per ogni figlio sino ad un massimo di due anni e le  finestre mobili di 12 mesi per le dipendenti e 18 mesi per le autonome.

Ape Social

L’Ape Sociale viene prorogata sino al 31 dicembre 2024 ma sale il requisito anagrafico: in luogo degli attuali 63 anni si potrà accedere allo strumento con almeno 63 anni e cinque mesi. Salta, inoltre, l’ampliamento delle categorie di lavoratori gravosi riconosciute dalla legge n. 234/2021 nel biennio 2022-2023 e le relative riduzioni contributive per edili e ceramisti. Viene, inoltre, aggiunta la regola, oggi assente, dell’incumulabilità totale della prestazione con i redditi di lavoro dipendente o autonomo ad eccezione del lavoro occasionale entro un massimo di 5.000€ annui. L’assegno è sempre calcolato col sistema misto ma con le limitazioni dell’importo massimo a 1.500 euro lorde mensili, senza tredicesima e senza gli adeguamenti dovuti all’inflazione fino al raggiungimento della pensione di vecchiaia a 67 anni.

Giovani

Per i contributivi puri, cioè i soggetti privi di anzianità al 31.12.1995 viene eliminato il limite di 1,5 volte l’assegno sociale per l’accesso alla pensione di vecchiaia a 67 anni con almeno 20 anni di contributi ma viene inserito un limite diversificato per accedere alla pensione a 64 anni e 20 anni di contributi. In particolare si sale a 3 volte l’assegno sociale salvo si tratta di donne con figli nel quale caso la soglia resta pari a 2,8 volte se c’è solo un figlio e scende a 2,6 volte in presenza di almeno due figli.

La pensione a 64 anni e 20 anni di contributi, inoltre, registra ulteriori strette:

  • L’assegno non potrà eccedere le 5 volte il minimo Inps (cioè circa 2.840€ lordi al mese) sino al raggiungimento dei 67 anni (cioè l’età di vecchiaia). Oggi non c’è limite;
  • Avrà una finestra mobile di tre mesi dalla maturazione dei requisiti (oggi assente);
  • Il requisito contributivo di 20 anni dovrà essere adeguato alla speranza di vita ISTAT (oltre a quello anagrafico).

Indicizzazioni

Alcune modifiche sul fronte indicizzazione. Confermata la rivalutazione piena (100% dell’indice ISTAT) sino a 4 volte il trattamento minimo; quelli tra 4 e 5 volte si vedranno riconoscere l’85% del tasso di inflazione (a differenza del 90% circolato nelle prime bozze); ci sarà invece una riduzione degli assegni più elevati, oltre 10 volte il trattamento minimo, che attualmente si vedono riconoscere il 32% dell’indice ISTAT: nel 2024 la percentuale scende al 22%.

Dipendenti Enti Locali

Gli assicurati presso le ex casse di previdenza amministrate dal Tesoro (CPDEL, CPI, CPS e CPUG) in possesso di meno di 15 anni di contribuzione al 31 dicembre 1995 che andranno in pensione a decorrere dal 1° gennaio 2024 vedranno un abbattimento della rendita. Le attuali aliquote di rendimento contenute nella legge n. 965/1965 e nella legge n. 16/1986 saranno, infatti, sostituite con coefficienti meno generosi con effetti a volte anche piuttosto sensibili sulla rendita pensionistica. La misura, tuttavia, è a rischio incostituzionalità in quanto viola il principio del pro-rata. Nulla cambia per chi è già in pensione.

Giorgio Lecis

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