Il ponte sullo stretto si farà (forse) Renzi in vista del 4 dicembre rincomincia a prendere per i fondelli gli italiani.
Peccato che il sindaco d’Italia, quando lo voleva Silvio, si fosse opposto fermamente al progetto del Ponte. Peccato che il futuro inquilino di Palazzo Chigi avesse poi rincarato la dose nel 2012 quando, parlando a Sulmona, aveva dato un secondo stop all’ipotesi dello Stretto chiedendo di dirottare su altri lidi gli otto miliardi necessari per la costruzione: «Che li dessero alle scuole per renderle più moderne e sicure». Per non parlare di quella volta, durante la campagna per le primarie contro Bersani, quando disse che il «Ponte sullo Stretto era una brutta pagina da chiudere». Tanto brutta che adesso il presidente del Consiglio l’ha fatta propria. Siamo abituati alle piroette e al camaleontismo del Palazzo, ma c’è un limite a tutto.
Scusate, ma cerco solo di capire cosa sia cambiato per rendere così appetibile un piano che lo stesso Renzi aveva scartato ieri con ignominia. In realtà, non sembra mutato nulla, anche perché lo scenario non è affatto migliorato, anzi: se sette anni fa la recessione era appena cominciata e nessuno pensava che la crisi economica sarebbe durata così a lungo, oggi siamo ancora più in ginocchio, con una ripresa che non c’è, una disoccupazione che continua ad aumentare e con una povertà diffusa. Senza contare quanto sono già costati al contribuente la messa in liquidazione della società ad hoc per lo Stretto e tutti i costi di progettazione di un’opera troppo disinvoltamente accantonata.
Ricominciare nell’anno di grazia 2016 significherebbe, insomma, aumentare notevolmente il costo di tutta l’operazione ma, tant’è, quando c’è di mezzo la faccia tosta non si guarda tanto per il sottile. Tutto si può dimenticare, persino le dichiarazioni della senatrice dem Anna Finocchiaro che paragonò la costruzione del Ponte al caviale, cioè ad un lusso esagerato che avrebbe gravato sulle spalle dei contribuenti mentre il pane, ossia le vere opere necessarie, erano ben altre, dalle strade, ai porti, alle scuole. E, pensando proprio al caviale, mi viene in mente la gratitudine che, dopo il terremoto di Messina del 1908, i siciliani manifestarono nei confronti dei marinai russi della flotta zarista, approdata a poca distanza dal porto, che prestarono i primi, fondamentali, soccorsi ai superstiti di quel terribile sisma.
Quella gratitudine – e Renzi ci conta – che potrebbe nascere per coloro che, oggi, promettono di tirar fuori l’isola dal tunnel della crisi, rimangiandosi quanto avevano dichiarato soltanto pochi anni fa. La vittoria del «Sì» (se la scorda) al prossimo referendum costituzionale vale bene un dietrofront poco dignitoso sul Ponte di Messina.