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Pula, “La Notte dei Poeti”: domenica “Il sogno di una cosa” con Elio Germano e Teho Teardo

Viaggio nell’Italia del Novecento con “Il sogno di una cosa”di e con Elio Germano e Teho Teardo, una versione per parole e note del primo romanzo di Pier Paolo Pasolini (produzione Infinito Teatro-Pierfrancesco Pisani e Argot Produzioni) – scritto nei primi anni del dopoguerra, prima di “Ragazzi di vita” e di “Una vita violenta”, ma pubblicato soltanto nel 1962 – in cartellone in prima regionale domenica 9 luglio alle 20 al Teatro Romano di Nora, a Pula, per la XLI edizione del Festival “La Notte dei Poeti” organizzato dal CeDAC / Circuito Multidisciplinare dello Spettacolo dal Vivo in Sardegna con il patrocinio e il sostegno del MiC / Ministero della Cultura, della Regione Sardegna e del Comune di Pula e con il contributo della Fondazione di Sardegna.

Un duplice appuntamento nell’Isola con “Il sogno di una cosa”, in scena anche lunedì 10 luglio alle 21 al Nuraghe Palmavera di Alghero, dove inaugura l’intrigante programmazione della città catalana per l’Estate 2023 firmata CeDAC Sardegna con il patrocinio del Comune di Alghero e il contributo della Fondazione Alghero, il patrocinio e il sostegno della RAS e del MiC / Ministero della Cultura e il contributo della Fondazione di Sardegna.

Sul palco due artisti di spicco del panorama italiano ed europeo: Elio Germano, attore di cinema e di teatro, raffinato e versatile interprete capace di spaziare dalla commedia al dramma, dalla satira al noir, già premiato a Cannes per “La nostra vita”, vincitore di quattro David di Donatello e due Nastri d’Argento, nonché dell’Orso d’Argento a Berlino per “Volevo nascondermi” e Teho Teardo,musicista, compositore e producer, all’attivo preziose sinergie e collaborazioni con artisti e gruppi come Placebo, Rothko, Pigface, C.S.I., Marlene Kuntz, Departure Lounge, Front 242, Sheep On Drugs, Blixa Bargeld, autore di musiche per il cinema e per il teatro, in particolare per registi come Gabriele Salvatore

, Paolo Sorrentino, Guido Chiesa e Daniele Vicari e compagnie come Motus e la Socìetas Raffaello Sanzio. Dopo il fortunato “Viaggio al termine della notte”, tratto dal capolavoro di Louis-Ferdinand Céline, con il brano “Stanotte cosa succederà”, e il “Paradiso XXXIII” per la regia di Simone Ferrari & Lulu Helbæk, Elio Germano e Teho Teardo portano in scena il folgorante esordio narrativo di Pier Paolo Pasolini: “Il sogno di una cosa” racconta l’amicizia fra tre giovani sullo sfondo di un Friuli arcaico e rurale, descritto in chiave quasi lirica, come simbolo di una civiltà contadina non ancora travolta e contaminata dalla modernità urbana e industriale.

Focus sui protagonisti – Nini, Milio e Eligio – figli di braccianti, forgiati dal duro lavoro delle campagne e dalla quotidiana lotta per la sopravvivenza, ma idealisti e sognatori, amanti delle feste, della musica, dei balli e del vino, per la storia di un’amicizia nata come per caso, in occasione della sagra del Lunedì di Pasqua e proseguita negli anni pur tra varie peripezie, tentativi di far fortuna all’estero e un impegno personale e diretto per una più equa distribuzione delle terre in patria.

Nel romanzo si alternano sapienti descrizioni del paesaggio agreste, di cui l’autore evoca i dettagli, le linee, le sottili variazioni di colore e l’armonia dell’insieme con gusto quasi pittorico, insistendo con nitidi e efficaci tratti sui gruppi di persone e sui singoli individui e le riflessioni filosofiche e politiche, filtrate attraverso i pensieri e le emozioni dei protagonisti, colti nel pieno di una impetuosa e sensuale giovinezza.

Il sogno di una cosa” è insieme opera germinale e conclusiva della feconda stagione narrativa di Pier Paolo Pasolini, che culminerà nelle pagine e nella molte di appunti dell’incompiuto, e già profetico “Petrolio”: si riconosce l’eleganza stilistica, insieme con l’equilibrio formale e soprattutto la capacità di costruire personaggi vivi e veri, convincenti nella loro profonda umanità, nelle loro incertezze e contraddizioni, nella loro apparente ingenuità e mancanza di scaltrezza, nella sincerità e fratellanza di quella amicizia virile, in cui prendono forma i primi germi di una coscienza sociale, in contraddizione solo apparente con il desiderio di gustare il piacere delle feste e dei primi amori.

Nello loro versione per la scena Elio Germano e Teho Teardo distillano i frammenti più significativi del romanzo che a distanza di oltre settant’anni dalla prima stesura si rivela di sorprendente attualità, come del resto la stessa citazione da Karl Marx inserita dall’autore all’inizio del libro e da cui è tratto il titolo: «Il nostro motto dev’essere dunque: riforma della coscienza non per mezzo di dogmi, ma mediante l’analisi della coscienza non chiara a sé stessa, o si presenti sotto forma religiosa o politica. Apparirà allora che il mondo ha da lungo tempo il sogno di una cosa…».

Tra le righe de “Il sogno di una cosa”Elio Germano e Teho Teardo riscoprono l’immagine dell’Italia, e specialmente delle aree rurali più povere e segnate dalla guerra, terre di fame e di emigrazione, verso la metà del ventesimo secolo: «Siamo partiti dai suoni che, essendo io nativo di quelle zone del Friuli, Casarza, ho recuperato e registrato personalmente», racconta Teardo a Michele Weiss, in un’intervista pubblicata su La Stampa (il 5 luglio 2022). 

«Dai nobili ideali e dalla voglia di cambiare il mondo, questi tre ragazzi grazie al cambiamento innescato dal boom economico, approdano a un mondo nuovo in cui prevale il tornaconto personale: è una metafora per raccontare l’Italia» – sottolinea invece Elio Germano (nello stesso articolo) –. «“Il sogno di una cosa” si può interpretare come una metafora doppia»  aggiunge Teho Teardo –: «una parabola dello scorrere della vita umana, dall’apertura e felicità anche naif della prima giovinezza al disincanto e alla riduzione delle ambizioni della maturità. Ma anche come il tentativo di eternare e salvare in un’opera narrativa usi e costumi delle genti friulane dell’epoca», come parte di una remota età mitologica, quasi una infanzia del mondo.

Nel romanzo attraverso le vicende dei personaggi principali, ma anche di tutti gli altri che compongono una sorta di racconto corale, Pier Paolo Pasolini fa rivivere in una chiave quasi idilliaca, sul filo dei ricordi, una società contadina con i suoi riti e le sue consuetudini, immutabili nei secoli, su cui si stagliano le figure dei tre giovani, immersi in quella cultura e in quelle tradizioni ma anche proiettati verso un futuro differente, pronti a immaginare e costruire un mondo migliore, con lo slancio e la passione della gioventù e con spirito rivoluzionario. Un felice esordio letterario per il poeta e scrittore, drammaturgo e cineasta, artista e intellettuale engagé, figura di spicco della cultura del Novecento: le trame delle esistenze di questi insoliti ma ardenti e battaglieri “eroi”, uomini d’azione, avvezzi al fare più che ai lunghi discorsi, anche se la loro amicizia si nutre di chiacchierate oltre che di musica e canzoni, si dipanano sull’ordito della storia, in una narrazione sospesa tra realismo e poesia, dove l’amarezza e il disincanto, l’indignazione davanti ai soprusi, si stemperano tra note di lieve malinconia e struggente dolcezza.

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