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Riforma Sanità, alla Cgil non piace la scelta della Giunta regionale

“E’ negativo il giudizio sul testo di legge della Giunta in tema sanitario che propone, sostanzialmente, una nuova, ennesima, riforma della quale non c’è alcuna necessità mentre servono interventi mirati e atti programmatori che incidano sulle emergenze”: è la posizione della Cgil Sardegna espressa dalla responsabile del Dipartimento Sanità Roberta Gessa che, stamattina, nel corso dell’audizione in Consiglio regionale ha smontato, quasi punto per punto, capitolo per capitolo, l’articolato della legge avanzando, nel contempo, proposte alternative.

“Intanto – ha chiarito in premessa – sappiamo che sul testo sul quale oggi siamo chiamati a discutere esistono già importanti emendamenti correttivi ma val la pena chiarire fin da subito che c’è un problema di approccio complessivo che noi contestiamo, perché le priorità vanno affrontare in modo diverso”. Per la Cgil deve esserci un unico faro a guidare le scelte della politica: il bisogno di salute dei cittadini che allo stato attuale è negato. Le persone rinunciano alle cure per le liste d’attesa interminabili, i pronto soccorso rimasti aperti sono presi d’assalto perché non c’è una rete capillare nei territori e, dopo attese lunghissime, quando il ricovero è necessario magari non c’è la disponibilità del posto letto. Alla luce di questo disastro cosa serve?

La Cgil ha evidenziato che prima di tutto occorre riequilibrare il deficit di 800 posti letto per acuzie, passando da 2,75 a 3,70 per mille abitanti come prevede il decreto ministeriale 70, provvedere a un piano straordinario delle assunzioni, garantire un numero adeguato di medici di famiglia, pediatri e guardie mediche, colmare il deficit della rete dei servizi territoriali indispensabile anche al buon funzionamento della rete ospedaliera in tutti i territori della Sardegna. La segretaria ha inoltre ricordato che devono essere realizzati in Sardegna 50 Case della comunità previste per legge e che, in generale, per far funzionare il sistema occorre assumere circa 1900 medici e professionisti della salute.

E’ questo che serve, secondo la Cgil, non riforme e nuovi perimetri aziendali, perché il punto non è a quale azienda si viene accorpati ma quali sono gli indirizzi, i servizi, le dotazioni, le strumentazioni e le risorse umane assegnate. Come non servono nuove funzioni da assegnare a Ares: “Va depotenziata e vanno restituite funzioni alle Asl perchè Ares ha rappresentato un ostacolo insormontabile al buon funzionamento del sistema” ha detto Roberta Gessa riferendosi in particolare alle parti della proposta di legge che vorrebbero dare un’interpretazione agli articoli della legge 24 (la riforma del 2020): “Non c’è niente da interpretare – ha detto – quegli articoli non sono stati attuati perché non è possibile farlo visto che attribuiscono a Ares funzioni che, semplicemente, non è titolata a svolgere”. Da qui l’affondo sul nuovo ruolo di coordinamento che si vorrebbe affidare a Ares: “Non c’è bisogno di passaggi intermedi, quella funzione deve essere in capo all’assessorato regionale della Sanità e in quel contesto va svolta, magari creando dipartimenti ma non certo delegandola ad altri”.

Fra le numerose critiche al testo, anche la mancata previsione del confronto con i sindacati: “E’ sorprendente appurare che tra i soggetti che devono essere coinvolti nelle discussioni su organizzazione, servizi e attività del sistema, manchi ogni riferimento alle organizzazioni sindacali confederali che rappresentano i diritti dei cittadini e dei lavoratori che operano nel servizio sanitario”.

Quanto ai direttori generali, uno dei nodi e delle ragioni che sembrano muovere le intenzioni della maggioranza, la Cgil sottolinea che devono operare sulla base di indirizzi precisi volti a costruire atti aziendali coerenti con i bisogni dei cittadini e che è sempre possibile e auspicabile che vengano giudicati, promossi o rimossi, sulla base del raggiungimento o meno dei risultati prefissati.  

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