Organizzato dall’UNHCR (Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati), il progetto “Rothko in Lampedusa” sarà al via l’11 maggio a Venezia ed in programma fino al 24 novembre 2019, nell’ambito della 58a Biennale d’Arte.
Il titolo, allude al legame ideale tra uno dei più grandi artisti del XX secolo e la massa mediaticamente anonima che in fuga da conflitti e persecuzioni, raggiunge le nostre coste a Lampedusa.
Fuggito insieme alla famiglia d’origine dalla Lettonia per approdare in America, nel nuovo paese, Rothko ha potuto esprimere il proprio talento e donare all’intera umanità la sua opera.
Chi saremmo noi oggi senza Rothko? Se quel rifugiato non avesse trovato, nel paese di accoglienza, delle condizioni idonee all’espressione della sua potenzialità, oggi non avremmo le sue opere: ecco cosa avremmo perso e forse la stessa cosa sta accadendo proprio in questo momento storico.
Forse tra quanti arrivano a Lampedusa e – per estensione – tra tutti i rifugiati nel mondo, potrebbe esserci il Rothko del XXI secolo.
Il progetto espositivo, curato da Luca Berta e Francesca Giubilei racconta l’importanza dell’arte come strumento che permette ai rifugiati di esprimere il loro talento e di portare enormi benefici alle comunità che li ospitano.
L’intento degli autori-curatori del progetto è quello di valorizzare il patrimonio di creatività che i rifugiati portano con sé nella fuga, un contributo che, se libero di esprimersi, arricchisce enormemente le comunità che li accolgono
Da qui, la volontà di proporre una narrazione alternativa rispetto a quella prevalente, in cui i rifugiati siano considerati non come una massa, o un onere spersonalizzato, ma nel loro pieno potenziale di individui unici, portatori di arricchimento per la società nel suo insieme.
Sono molti gli ingredienti all’interno del progetto, a partire dalla mostra ospitata a Palazzo Querini, palazzo settecentesco messo a disposizione dalla Fondazione Ugo e Olga Levi, che presenterà le opere di otto artisti contemporanei, che hanno vissuto l’esperienza dell’esilio o affrontato il tema della fuga nella loro ricerca artistica.
In primis, Ai Weiwei – artista tra i più grandi comunicatori della nostra epoca e che come Rothko ha un passato di esilio e fuga – il quale presenta un’opera provocatoria: un “fake Rothko”, ovvero una riproduzione del lavoro del maestro realizzata usando blocchetti di LEGO donati da migliaia di volontari.
Poi, Adel Abdessemed, Christian Boltanski, Nalini Malani, Abu Bakarr Mansaray, Richard Mosse, Dinh Q. Lê e Artur Żmijewski: le loro opere dialogheranno con quelle di cinque artisti rifugiati emergenti.
Oltre a presentare le loro opere, Majid Adin (animatore, Iran, rifugiato in Inghilterra), Rasha Deeb (scultrice, Siria, rifugiata in Germania), Hassan Yare (fumettista, Somalia, rifugiato in Kenya), Mohamed Keita (fotografo, Costa d’Avorio, rifugiato in Italia) e Bnar Sardar Sidiq (fotografa, Iraq, rifugiata in Inghilterra) saranno a Venezia dal 28 aprile al 23 maggio per partecipare ad una residenza artistica, organizzata in collaborazione con il progetto Waterlines, promosso dal Collegio Internazionale dell’Università Ca’ Foscari, dalla Fondazione di Venezia e da San Servolo srl, che offrirà loro l’opportunità di entrare in contatto con la scena artistica internazione e di avviare una rete di relazioni utili alle loro carriere.
Per la prima settimana a Venezia gli artisti emergenti, saranno ospitati da famiglie appartenenti alla rete locale di Refugees Welcome Italia, la onlus partner di UNHCR che promuove l’accoglienza in famiglia dei titolari di protezione internazionale; nelle settimane successive si mescoleranno con gli studenti ospiti del Collegio Internazionale sull’Isola di San Servolo.
Il programma per la residenza è costellato da momenti formativi, tra cui visite guidate, seminari, laboratori, organizzati con la collaborazione di Refugees Welcome Italia, Palazzo Grassi – Punta della Dogana, IED Istituto Europeo di Design Spa e l’Università Iuav di Venezia.
Alberto Porcu Zanda