
Con le fabbriche di Portovesme ancora in attesa di rilancio, una delle poche certezze arriva dalla Cipolla di San Giovanni di Suergiu, un piccolo e dolce prodotto di una terra sabbiosa e assolata.
In questi giorni di novembre, per quel seme antico e prezioso, dimenticato o comunque custodito come un tesoro da anziani contadini, è tempo di semina nei terreni del Basso Sulcis. Ci vorranno almeno sei mesi, trascorsi tra acqua, vento, salsedine, prima di cogliere questo prodotto della Terra e di celebrarlo nella festa di San Giovanni Batista prevista per il 24 giugno.
Di questa cipolla autoctona si erano perse le tracce e i semi ma la memoria costituita da tradizioni ed esperienze di vita nei campi, è rimasta. Del resto, si tratta di un frutto ipocalorico e diuretico, con proprietà organolettiche uniche che la Sindaca Elvisa Usai, con tenacia e passione, ha voluto valorizzare: “Questa idea trova subito terreno fertile nel Comitato cittadino per la Biodiversità che, insieme alla collaborazione di tutta la popolazione, si attiva per la ricerca storica, l’indagine sui semi ritrovati negli stazzi vicini, la raccolta delle testimonianze degli “anziani saggi” del territorio ma anche per la trascrizione delle memorie orali delle vecchie ricette gastronomiche tradizionali. Tutto il lavoro si concretizza per disciplinare la coltivazione, la promozione e la vendita.”
Qualche agricoltore, proseguendo nella tradizione, già coltivava il prezioso rossastro bulbo ma solo con la certificazione del Ministero delle Politiche Agricole, la “Cipolla di San Giovanni Suergiu” ottiene la certificazione Pat, Prodotto Agroalimentare Tradizionale. Tuttavia, con essa fioccano anche i “prodotti falsi” prodotti altrove ma la Sindaca non ci stà. Nell’ arco temporale di 2 giorni disegna e registra il marchio, lo assegna ai 5 unici, per ora, produttori certificati. la cipolla di San Giovanni Suergiu è sana e salva, ottima per il Salone del Gusto di Torino
“L’Amministrazione comunale – prosegue la prima cittadina – prosegue nell’offrire supporto al progetto favorendo anche l’individuazione dei terreni, rigorosamente all’aperto, nei quali mettere a dimora il piccolo tesoro ritrovato”..
Tonno, uovo o nel classico “pani cun cibudda” ma non solo. Per il prodotto del paese sulcitano, si aprono nuovi scenari enogastronomici con alcuni chef sardi desiderosi di conoscerla meglio. Gli emigrati sangiovannesi in altre zone d’Italia fanno altrettanto.
Per la Elvira Usai è un sogno che, giorno dopo giorno, si concretizza: “Il nostro obiettivo è quello di vedere i campi, ora abbandonati, nuovamente coltivati, magari dai nostri emigrati di rientro. Per questo crediamo nello sviluppo locale nella valorizzazione dei nostri prodotti tipici e nelle mani sapienti di chi vuole mantenerle attuali e farle conoscere”.

Giornalista
Buon giorno da qualche anno sono interessato a questa cipolla solo una volta sono riuscito ad avere le piantine di cipolla di San Giovanni tutte le altre volte o ricevuto solo delle cipolle comuni , una delusione dopo mesi raccogliere cipolle comuni che avrei trovato anche qui a Milano, se qual’ uno mi desse dei consigli come avere le sementi e come seminare qui al nord la cipolla di San Giovani naturalmente pagando il dovuto, in attesa di una risposta ringrazio anticipatamente.