Soros è convinto che Google e Facebook abbiano i giorni contati

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George Soros ha sferrato un attacco diretto e forse senza precedenti a Facebook e Google durante il World Economic Forum di Davos. Il magnate

ungherese, patrimonio da 8 miliardi di dollari secondo Forbes, ha detto che le dimensioni raggiunte dei big della tecnologia e il loro comportamento “monopolistico” li hanno resi una concreta “minaccia” per la società, danneggiando la democrazia e schiavizzando la mente delle persone, in quanto sarebbero in grado di minacciare alla loro “libertà di pensiero”. Fino a spingersi ad una previsione: i loro giorni sono contati, che potrebbe sembrare paradossale, ma segue una logica precisa e che comincia a diventare un argomento piuttosto diffuso.  Durante il suo intervento giovedì sera a Davos, in Svizzera, il magnate ungherese ha detto che “queste società e i social media influenzano il modo in cui le persone pensano e si comportano, ben al di là di quanto ne siano consapevoli”, aggiungendo inoltre che questi business hanno “conseguenze negative di larga portata sul funzionamento delle democrazia, in particolare sulla sicurezza e la libertà delle elezioni”. E ha aggiunto che “le società di social media stanno portando le persone a rinunciare alla propria autonomia intellettuale”. La minaccia, la più grave di tutte per il magnate ungherese, è perdere la “propria libertà di pensiero”, “è colpa dei social l’atteggiamento negativo contro i migranti” E’ proprio inferocito il vecchiardo e attacca anche la Casa Bianca: “Penso che l’amministrazione Trump sia un pericolo per il mondo – continua Soros – Ma la considero un fenomeno passeggero che sparirà nel 2020 o anche prima. Alle elezioni di mid-term di quest’anno mi aspetto una netta vittoria dei democratici”.

E poi, a sorpresa, il mirino di Soros si sposta sul Bitcoin. Proprio lui, lo speculatore che nel 1992 causò l’uscita della lira italiana dallo Sme con un pesante attacco, oggi si getta lancia in resta contro la principale criptovaluta perché troppo speculativa: “È una bolla basata su una incomprensione e non è una valuta”. Anzi, si tratta di uno strumento da riciclaggio e dittature, infatti – rimarca – interessa ai russi: “Vladimir Putin dirige uno stato mafioso e Trump vorrebbe fare lo stesso ma la costituzione non glielo consente”,

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Giorgio Lecis

Giornalista. Direttore responsabile
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