Stop al carbone, lavoratori sardi in presidio al Mise

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Con i sindacati esclusi dai tavoli ufficiali, i lavoratori del Sulcis e di Fiume Santo saranno presenti mercoledì davanti al Ministero dello Sviluppo in contemporanea con la riunione vertente sullo stop al carbone. Il presidio romano organizzato da Cgil, Cisl Uil nazionali confederali e di categoria mercoledì a Roma sarà dalle 14 alle 18

Siamo preoccupati – ha spiegato il segretario regionale Filctem Francesco Garau – per i riflessi che potrebbe avere la chiusura anticipata al 2025 delle centrali a carbone di Fiume Santo e Portovesme che il governo nazionale ha deciso senza garantire in che modo la rete elettrica sarda potrà mantenersi stabile ed efficiente, per le imprese e per i cittadini”. La mancata convocazione ha suscitato il disappunto delle segreterie nazionali che hanno chiesto con una lettera ufficiale di essere coinvolti nella discussione alla quale, per adesso, sono invitate le aziende produttrici, il Gestore della rete nazionale di trasporto e il ministero dell’ambiente.

La vertenza regionale riguarda in particolare la fase di transizione che prevede l’utilizzo del gas come fonte fossile fino al 2050 ma il cui utilizzo in Sardegna resta purtroppo in bilico per le titubanze del governo nazionale sul piano di metanizzazione: “In gioco ci sono non solo i costi dell’energia per le imprese e per cittadini ma la stessa stabilità della rete elettrica, che non beneficia della continuità con quella nazionale e verrebbe seriamente compromessa se non si potesse disporre del metano come fonte di transizione indispensabile a dar corso alla decarbonizzazione”. Insomma, da una parte il governo Lega – Cinque Stelle chiude le centrali a carbone, dall’altra non dice come, in assenza del metano e senza gli indispensabili investimenti sulle infrastrutture, si potrà continuare a garantire l’energia necessaria al sistema regionale.

La vertenza è arrivata sul tavolo del ministro Di Maio ma la mancata convocazione delle organizzazioni sindacali è giudicata inaccettabile e incomprensibile: da qui l’organizzazione del presidio, per far sentire la propria voce a tutela di tutti i lavoratori delle centrali e del settore industriale il cui destino è strettamente collegato, oltre che per avanzare le proposte utili ad arrivare con più certezze e stabilità agli obiettivi fissati al 2050 e condivisi a livello nazionale ed europeo.

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